La sua proroga era caldeggiata da molti ma non scontata, per vari motivi a cominciare dalle ristrettezze di budget. Ma alla fine è arrivato il via libera. Il cosiddetto Superbonus 110%, la maxi-agevolazione che permette di eseguire lavori di efficientamento e di messa in sicurezza sismica degli edifici godendo di forti incentivi fiscali, resterà in vigore fino a fine 2023: lo ha previsto la Nota di aggiornamento al Def approvata dal Consiglio dei ministri.
La misura, introdotta dal Governo Conte per potenziare le politiche di ristrutturazione e ammodernamento degli edifici e al contempo infondere stimoli all’edilizia, rientra tra i provvedimenti da confermare come si legge nell’introduzione del documento approvato oggi da Palazzo Chigi: «Il sentiero programmatico per il triennio 2022-2024 consente di coprire le esigenze per le cosiddette politiche invariate e il rinnovo di numerose misure di rilievo economico e sociale».
Efficacia ridotta per un provvedimento intelligente
In attesa di scoprire, però, se cambierà qualcosa nell’attuazione del provvedimento, la proroga del Superbonus riaccende il dibattito tra sostenitori e detrattori del provvedimento: per i primi è stata una misura efficace che ha permesso di dare ossigeno ad un settore, quello edile, trainante per l’economia nazionale; per i più critici, invece, è stata una grande occasione sprecata.
L’ultimo bilancio aggiornato risale allo scorso 31 agosto ed è stato redatto dall’Enea ad un anno dall’entrata in vigore del provvedimento: le richieste depositate per l’avvio di lavori agevolati erano 37.000 per un totale di 5,68 miliardi di investimenti ammessi alla detrazione. Un risultato migliore delle aspettative e, probabilmente, raggiunto solo nelle ultime settimane con l’entrata in vigore del Decreto Semplificazioni che, snellendo le procedure e gli adempimenti richiesti (con l’eliminazione della doppia conformità urbanistica e di alcuni limiti ai lavori, prolungando le scadenze per alcune categorie edilizie) ha contribuito a facilitare la vita di contribuenti e imprese: a maggio 2021 i cantieri avviati per i lavori agevolati dal Superbonus erano solo 14.450, per un importo lavori pari a 1,66 miliardi.
E allora, si poteva fare di più? Probabilmente sì ma incertezze normative, cavilli burocratici, inadeguatezza delle informazioni e tempi ristretti dei primi mesi hanno probabilmente spento l’entusiasmo generale verso questa formula di incentivazione. Un dato che sembra trovare conferma anche nel calo del numero di famiglie interessate all’incentivo: a maggio 2020, al momento del lancio, erano circa 10,5 milioni mentre a giugno 2021 appena 9 milioni.
Interessante, dal report Enea, anche la mappa della distribuzione delle richieste per il Superbonus tra le diverse regioni italiane: Lombardia, Veneto, Lazio e Toscana sono i territori da cui sono pervenute la maggior parte delle richieste per l’apertura dei cantieri mentre Valle d’Aosta, Molise, Liguria e Basilicata veleggiano ai piani bassi della graduatoria; una disomogeneità che, dicono gli esperti, potrebbe riflettere anche i diversi livelli di efficienza amministrativa degli enti e delle aziende interessati dall’operazione. Ma c’è anche un altro elemento di distonia: Secondo un report del Centro studi Nomisma, sono soprattutto i centri cittadini a contare il maggior numero di cantieri di riqualificazione ai danni delle le zone più periferiche: una situazione che rivelerebbe differenze di tipo sociale ed economico, determinanti nella capacità di aderire agli incentivi e di anticipare per esempio gli investimenti.