Il giornalista Marco Bova racconta ‘Matteo Messina Denaro, latitante di Stato’

Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993, ultimo dei boss protagonisti della stagione stragista di Cosa Nostra ancora a piede libero, è fra i latitanti più pericolosi al mondo. ‘Figlioccio’ di Totò Riina e indiscusso leader della mafia trapanese, Messina Denaro “pare un fantasma inafferrabile: in questi trent’anni, innumerevoli sono state le piste seguite, colossale lo sforzo profuso dallo Stato, mentre gli annunci di una cattura imminente continuano a susseguirsi. Speranze sempre frustrate”. Ecco perché il giornalista Marco Bova ha deciso di scrivere un libro. ‘Matteo Messina Denaro, latitante di Stato. Magistratura, forze dell’ordine, massoneria: tutta la verità sulle piste affossate’ (Ponte alle Grazie), con una prefazione di Paolo Mondani e la collaborazione e la cura di Simona Zecchi, giornalista investigativa e autrice di inchieste. 

In questo libro Marco Bova percorre nei dettagli ogni tentativo, ogni strada sbagliata, ogni inciampo attraverso un lavoro di indagine inedito e con l’apporto di fonti dirette, come quelle delle forze dell’ordine il cui lavoro è stato ostacolato. E impietosamente mette in evidenza gli errori, le dispute e le gelosie interne, le interferenze, la cronica mancanza di coordinamento e soprattutto i tentativi di affossare chi lavorava con impegno per la cattura. Dall’altra parte emerge una mafia in evoluzione, anzi già trasformatasi in una Cosa Nuova: i legami con la massoneria e con i ‘salotti buoni’, le infiltrazioni nel mondo dell’alta finanza, gli interessi internazionali. “Matteo Messina Denaro, erede della mafia rozza e brutale dei corleonesi, è il simbolo di questa mutazione – dice l’autore -Che lo Stato non riesce e a volte non vuole comprendere. Che lo Stato non sa o non vuole arrestare. Al centro della vicenda la storia sconcertante e inedita dell’appuntato della Finanza Carlo Pulici che, allontanato dalla Procura dopo essere stato coinvolto in indagini rivelatesi un bluff, scopre la sottrazione di alcuni file a lui solo in parte restituiti dopo il suo allontanamento. File che sono finiti in mani altrui”.  

“Tante le ricostruzioni e gli elementi inediti poi di questa lunga caccia che si pone lontano dal e in opposizione al gossip generato sinora con notizie o boutade sulla sua avvenuta cattura (settembre 2021), o sul volto che sarebbe relativo al 2009 apparso in TV, cosa non dimostrata – dice l’autore Bova -Alcune di queste ricostruzioni si soffermano sulla caccia a Bernardo Provenzano a cui parallela e senza focus scorreva già quella contro Matteo. Il faldone numero 10944/08 sulla sua cattura è aperto dal 1993 ma quello che è davvero rilevante spesso non va a confluire lì: per sovrapposizioni tra procure, forze dell’ordine e sezioni investigative apposite, non solo depistaggi ma anche voglia di mettere il cappello all’operazione che di fatto la ostacola. E ancora la grande indagine sulla massoneria legata a doppio filo all’imprendibile Matteo, affossata insieme a quelle che riguardano la sua caccia. Documenti inediti, testimonianze e interviste che al ritmo anche di un racconto personale che il giovane autore fa, esperto però di indagini e del territorio in cui tutto questo si muove e scorre, restituisce un quadro nuovo e clamoroso della mancata imperitura cattura di Matteo. Non mancano al contrario intercettazioni di magistrati che in qualche modo hanno favorito, non si sa se volontariamente o meno questo, infinito rimandarne la cattura. Il libro, la cui cornice si instaura tra prologo ed epilogo con l’intervista anch’essa inedita dell’ex sindaco e professore Antonio Vaccarino (utilizzato in passato dai servizi per avvicinarsi a Diabolik come anche Matteo viene chiamato), rilasciata all’autore prima di morire, rivela i chiaroscuri di questa lunga caccia senza abbandonarsi ai racconti speziati e pepati vicini piuttosto al “colore” che in questi anni hanno imperversato le cronache e le pubblicazioni”.