Come più volte ribadito, e non finiremo mai di farlo, riguardo alla situazione Covid-19 in Italia, accanto alle cosiddette ‘fonti istituzionali, come è giusto che si debba fare, ‘per dovere di cronaca’ troviamo giusto ospitare anche pensieri e posizioni altre, purché suffragate da valide motivazioni scientifiche, o comunque espresse da personaggi di provata esperienza professionale rispetto al tema trattato.
Così oggi abbiamo scorto sull’omonimo blog di Mariano Amici (che continua a girare le piazze italiane spiegando ‘secondo scienza e coscienza’ le sue contrarietà rispetto alla vaccinazione), stimato medico di Ardea – che per ovvi motivi è un non ‘no vax’ – un interessante articolo, che tocca un tema in questi anni particolarmente sensibile, soprattutto alla luce delle terribili ondate di contagi decessi subiti da tutti noi: la mancanze di autopsie.
“Iniziamo analizzando dei brani tratti da: ‘Procedura per l’esecuzione di riscontri diagnostici in pazienti deceduti con infezione da Sars-Cov-2′ redatto dal gruppo di lavoro ISS Cause di morte Covid-19, datato 15 giugno 2021 e allegato al rapporto ISS Covid n. 13/2021. Ve ne riporto alcune citazioni testuali, sulle quali vi invito a riflettere:
‘Il rapporto presenta indicazioni per l’esecuzione di riscontri diagnostici in pazienti deceduti con infezione da SARS-CoV-2. Nei casi di decessi positive per infezione da SARS-CoV-2 il riscontro diagnostico ha un ruolo confermatorio di un quadro di laboratorio e di imaging e può contribuire alla diagnosi e a spiegare i meccanismi della malattia.’
Qui dice che il riscontro diagnostico, cioè l’autopsia, serve per confermare che il deceduto positivo al Covid fosse effettivamente malato di Covid e che può contribuire alla diagnosi, il che significa che la diagnosi non è certa, e a spiegare i meccanismi della malattia, il che significa che tali meccanismi non ci sono ancora del tutto chiari.
Ed ancora: ’L’Istituto Superiore di Sanità – (…) – ritiene fondamentale l’apporto che può essere dato allo studio della malattia dall’esecuzione del riscontro diagnostico.’
Questo è un concetto semplice: le autopsie e gli esami che si eseguono dai campioni prelevati nel corso delle autopsie sono di importanza fondamentale per conoscere la malattia.
Adesso andiamo a vedere cosa diceva la circolare del Ministero della Salute protocollo 11285 del 01 aprile 2020 al paragrafo C:
‘1. Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di COVID-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio.
2. L’Autorità Giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l’accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l’autopsia non sia strettamente necessaria. Analogamente le Direzioni sanitarie di ciascuna regione daranno indicazioni finalizzate a limitare l’esecuzione dei riscontri diagnostici ai soli casi volti alla diagnosi di causa del decesso, limitando allo stretto necessario quelli da eseguire per motivi di studio e approfondimento.
3. In caso di esecuzione di esame autoptico o riscontro diagnostico, oltre ad una attenta valutazione preventiva dei rischi e dei vantaggi connessi a tale procedura, devono essere adottate tutte le precauzioni seguite durante l’assistenza del malato.’
Fate attenzione alla frase ‘non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici’ e ricordatevi che eravamo davanti ad una malattia sconosciuta. Esami autoptici e diagnostici sono fondamentali per capire e curare una patologia nuova. Il ‘non si dovrebbe’ non ha alcun fondamento clinico e scientifico e questo sconsigliare ed invitare a limitare il più possibile era esteso anche all’Autorità Giudiziaria. Che l’esame autoptico e gli accertamenti diagnostici vadano fatti in condizioni di sicurezza per il personale sanitario è semplicemente OVVIO, ma in Italia le strutture con standard di sicurezza BSL3 non sono assenti.
Ma torniamo al documento ‘Procedura per l’esecuzione di riscontri diagnostici in pazienti deceduti con infezione da Sars-Cov-2’. Nell’introduzione si evidenzia come una serie di aspetti della malattia siano stati scoperti effettuando esami istologici su prelievi bioptici ottenuti da fegato, polmoni e cuore. E quindi troviamo in rosso questo testo:
‘Si ritiene pertanto che nella infezione da SARS-CoV-2 l’esame istologico abbia un ruolo confermatorio di un quadro di laboratorio e di imaging, possa contribuire alla diagnosi e a spiegare i meccanismi patogenetici causa della morte del paziente.’
Poco dopo inizia la ‘preoccupazione’ che questi esami diventino molti:
‘A tal proposito è opportuno riferirsi alle linee guida emanate dai Centers for Disease Control and prevention (CDC) statunitensi (CDC, 2020), che prevedono l’esecuzione del riscontro diagnostico tenendo in considerazione i seguenti fattori: motivi medico-legali, necessità epidemiologiche, disponibilità di opportuna sala settoria e di personale esperto, volontà dei familiari e clima culturale del territorio.
In ogni caso si chiede di limitare al massimo il riscontro diagnostico nei soggetti sospetti di aver contratto l’infezione da SARS-CoV-2.’
(https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto+ISS+COVID-19+13_2021.pdf/53c7fd21-eff6-58b5-f1cd-991e94e51d25?t=1623833042166
Perché vi ho invitato a riflettere su questa documentazione? Perché ancora oggi si percepisce un certo freno nell’eseguire autopsie. Il motivo?
Torniamo indietro alla prima fase, quando erano sconsigliate. Non voglio essere io a parlare, ma lascio che lo facciano i medici legali di una serie di università italiane, che hanno pubblicato il 12 marzo del 2020 su Journal of clinical medicine’, un articolo scientifico dal titolo ‘No Autopsies on COVID-19 Deaths: A Missed Opportunity and the Lockdown of Science’, che tradotto significa: ‘Assenza di autopsie sui deceduti per Covid-19: un’occasione mancata e il lockdown della scienza’. Gli autori hanno esaminato 9709 pubblicazioni scientifiche, che esaminavano 12.954 pazienti di cui 2.269 deceduti. In tutti i casi l’infezione da Covid-19 è stata confermata da esami di laboratorio. Solo 46 studi riportavano in modo completo le comorbità. Solamente 7 studi riportavano indagini istologiche eseguite su campioni provenienti da autopsie. Hanno trovato in tutto la documentazione di due autopsie complete e solo una delle due si concludeva attribuendo al Covid-19 la causa del decesso. La mancanza di autopsie ha impedito di determinare la causa esatta della morte e l’andamento preciso del Covid-19. Un passaggio importante: ‘La perdita di potenziali informazioni chiave sui reali meccanismi alla base della morte a causa delle infezioni da COVID-19 non consente una valutazione reale della mortalità da COVID-19, che potrebbe addirittura essere sopravvalutata dato che la causa precisa della morte rimane sfuggente.’
E ancora: ‘Come possiamo stimare la reale mortalità specifica per causa, incluso il tasso di mortalità, associata a COVID-19 quando la causa della morte non è presente negli studi? Come possiamo identificare le cure aggiuntive richieste per specifiche categorie di pazienti se mancano ancora informazioni sulla vera causa della morte?
Tali questioni irrisolte devono essere affrontate al momento e dovrebbero rappresentare uno degli obiettivi della comunità scientifica.’
Ve lo chiarisco meglio. Poiché l’unico modo certo per verificare la causa di un decesso è l’autopsia accurata, non effettuare autopsie accurate e cercare di sconsigliarle ha determinato e continua a determinare (volutamente?) l’impossibilità oggettiva di stimare il vero tasso di mortalità associato al Covid-19.
Mariano Amici, medico”
Max