Chi sbaglia paga, e su questo non ci piove. E’ anche vero però che, pur esercitando un ruolo punitivo, la detenzione deve saper offrire anche un’opportunità di recupero e di re-inserimento nella società.
Non è certo un discorso semplice quello relativo alle carceri tuttavia, è però ‘inumano’ pensare che 9 persone debbano essere ‘costrette’ a convivere in una camera che può ospitarne al massimo 5! A maggior ragione in questo momento, con lo Stato che ‘ordina’ a tutti di mantenere almeno un metro di distanza tra una persona e l’altra, per giunta senza guanti o mascherine, e condividendo per giunta un vissuto di per sé difficile e doloroso.
“Dobbiamo ragionare sulla vita, un bene essenziale”
Una situazione al limite, che ha ricordato anche Papa Francesco, e che poco fa ha rilanciato il garante nazionale per i diritti dei detenuti, Mauro Palma: “Le soluzioni sono difficili ma vanno trovate. Chi ha responsabilità politica in questo momento non ha un compito facile: rispetto i tentennamenti, i dubbi, ma le soluzioni vanno trovate, è il momento che ce lo chiede. Non possiamo ragionare come abbiamo fatto finora. I dibattiti teorici sono importanti, ma ora il problema è la crudezza del bene essenziale che è la vita. E il Papa ce lo ha ricordato”.
“Urge tutelare la salute di chi vive e lavora dentro”
Come giustamente spiega il Garante dei detenuti, ”La collettività è una e non c’è una parte che può rimanere indietro per ciò che ha commesso, perché si trova dietro le sbarre. La collettività deve trovare il modo di aiutarsi reciprocamente. Questo è il primo aspetto del messaggio del Papa, in sintonia con la ricostruzione di una coesione sociale, come già aveva fatto due giorni fa dicendoci che ‘nessuno si salva da solo’. Il secondo aspetto – aggiunge ancora Palma – è il richiamo al fatto che c’è in gioco il bene della salute, che va al di là di qualunque idea si possa avere delle pene: possiamo essere divisi su tutto, ma ora si tratta di tutelare la salute delle persone detenute, di chi lavora in carcere e della collettività esterna, perché l’esplosione di una situazione in carcere avrebbe ovviamente riflessi sull’intera collettività”.
Il Papa: “Il carcere non è un mondo separato”
Quindi, conclude il Granate citando ancora il Pontefice, ”Il carcere, ci dice Francesco, non è un mondo separato, ma ci interroga tutti, perché la vicenda drammatica che stiamo vivendo ci richiama all’essere uno e non separati. Un mondo chiuso che va visto come una parte propria a cui prestare un’attenzione particolare”.
Max