Il 2020 è stato l’anno più caldo per l’Europa, con la temperatura più alta mai registrata: almeno 0,4 °C in più rispetto ai cinque anni più caldi mai registrati, tutti dell’ultimo decennio. E’ quanto emerge da “European State of the Climate 2020”, il rapporto annuale sullo stato del clima europeo del servizio Copernicus sui cambiamenti climatici, che diffonde i nuovi dati nella Giornata Mondiale della Terra.
Inverno e autunno da record, i più caldi mai registrati nel vecchio continente: in particolare, l’inverno europeo ha stabilito un nuovo record superando di oltre 3,4 °C la media del periodo 1981-2010, superando di circa 1,4 °C il record precedente. Eccezionalmente calda l’Europa nord-orientale con le temperature che hanno superato di quasi 1,9 °C il record precedente. Durante l’inverno, le temperature massime e minime in questa regione hanno superato, rispettivamente, di 6 e 9 °C la media 1981-2010. Insomma, il rapporto sullo stato del clima in Europa traccia una chiara e continua tendenza al riscaldamento.
A livello globale, il 2020 è stato uno dei tre anni più caldi mai registrati, così come gli ultimi sei anni. In particolare, le temperature medie degli ultimi cinque anni sono le più alte mai registrate, con 1,2 °C sopra la media del periodo 1850-1900. Temperature annuali superiori alla media si sono verificate nella Siberia settentrionale e nelle parti adiacenti dell’Artico, dove hanno superato la media di ben 6 °C. Temperature inferiori alla media, invece, nel Pacifico equatoriale ma per effetto de La Niña, nella seconda metà dell’anno.
E sempre nel 2020, le concentrazioni globali di anidride carbonica (CO2) e metano (CH4) hanno continuato ad aumentare. Stime preliminari dai dati satellitari indicano che le concentrazioni di CO2 sono aumentate dello 0,6% durante l’anno e quelle di CH4 di quasi lo 0,8%. I dati mostrano anche che le concentrazioni atmosferiche di gas serra per il 2020 erano alla loro media annuale globale più alta, secondo le rilevazioni satellitari Cams avviate dal 2003. Le misurazioni terrestri mostrano una tendenza al rialzo costante. L’analisi preliminare indica che la CO2 è aumentata a un ritmo leggermente inferiore rispetto agli ultimi anni, mentre il CH4 è aumentato più rapidamente che negli ultimi anni. Indica inoltre che questi cambiamenti sono una combinazione di effetti tra cui lievi riduzioni delle emissioni indotte dall’uomo durante i blocchi Covid-19 e maggiori flussi sulle superfici terrestri associati a temperature calde e che influenzano le fonti di CO2 e di CH4.
Per l’Artico il 2020 è stato il secondo anno più caldo mai registrato con una temperatura della superficie dell’aria di 2,2 °C superiore alla media rilevata nel periodo 1981-2010. Mentre la prima parte dell’anno è stata più fredda della media su gran parte dell’Artico, l’estate e l’autunno hanno compensato questo freddo con le temperature più alte mai registrate. Queste alte temperature artiche sono dovute principalmente a un anno eccezionalmente caldo nella Siberia artica dove il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato: 4,3 °C sopra la media e 1,8 °C in più rispetto il precedente record.
Temperature che hanno inevitabilmente avuto conseguenze sul ghiaccio marino, ridotto ai minimi per la maggior parte dell’estate e dell’autunno, mentre le temperature record in primavera e in autunno hanno portato a un manto nevoso inferiore alla media. È probabile che questo abbia contribuito al calore poiché meno energia solare è stata riflessa e invece assorbita dalle superfici più scure e prive di neve.
Caldo e mancanza di neve hanno contribuito alla siccità, fornendo condizioni favorevoli allo sviluppo e alla diffusione degli incendi. Durante l’estate, la Siberia artica ha assistito a una diffusa attività di incendio, che ha comportato la maggiore quantità di emissioni di CO2 da incendi a partire almeno dal 2003.