“Mai dare alla sclerosi multipla il ruolo di protagonista della nostra vita, sarebbe un grave errore”. È questo il messaggio dei pazienti con Sm, lanciato ieri durante l’evento trasmesso in diretta sulla pagina Facebook di “Io non sclero”, il progetto sviluppato da Biogen e dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna, in collaborazione con l’Associazione italiana sclerosi multipla e con il patrocinio della Società italiana di neurologia. Un’occasione di incontro per la community online e che ha acceso i riflettori sui percorsi di vita di chi ha saputo reagire all’incertezza causata dalla malattia. Tra le storie che possono essere d’ispirazione per tutti coloro che in questo periodo hanno vissuto per la prima volta l’incertezza che la pandemia da Covid-19 ha portato con sé, spiccano quelle di Antonella Ferrari, attrice e scrittrice; Erika Narciso, infermiera del 118 di Bologna, e Stefano Ghedini, un lavoro come consulente a Milano.
“L’incertezza maggiore che ho dovuto governare è stata la diagnosi – racconta Antonella Ferrari, autrice del libro ‘Più forte del destino. Tra camici e paillette. La mia lotta alla sclerosi multipla’ -. Ho iniziato a stare male all’età di 11 anni ma ne ho impiegati quasi venti per scoprire di avere la Sm. Allora dovevo governare una grandissima incertezza che è quella di stare male ma non sapere cosa ti sta accadendo. Per i medici la mia condizione era dovuta a stress, mi dicevano che dovevo andare dallo psicologo perché i miei erano capricci di bambina per attirare l’attenzione. Ma io stavo male. A quasi 20 anni di distanza dal primo ricovero, all’età di 29 anni è arrivata finalmente la diagnosi. Una liberazione, perché l’incertezza si è trasformata in un nome ben preciso, finalmente potevo combattere questo nemico. L’incertezza è scomparsa con il responso”. Quando è arrivata la diagnosi “dalla forma recidivante remittente mi sono trovata a fare i conti con una forma secondariamente progressiva – aggiunge Ferrari – perché non mi ero curata e quindi la mia Sm nel frattempo è andata avanti. Fortunatamente oggi la diagnosi è quasi immediata, curandosi da subito si può evitare di arrivare alla forma progressiva. Per me è stata una batosta ma negli anni 90, quando la Sm non era ancora così facilmente diagnosticabile come oggi, in tanti si sono ritrovati nella mia stessa condizione”.
Anche per Stefano Ghedini, 27 anni, nato e cresciuto a Bologna, e tanti progetti per il futuro, la Sm si è presentata nel momento più bello della sua vita: “Quattro anni fa – ricorda – a pochi giorni dalla laurea in Ingegneria, inizio a percepire che c’è qualcosa in me che sta cambiando ma non me ne interesso, ero in procinto di trasferirmi a Milano. Facevo sport, viaggiavo, avevo tanti amici e mille interessi e, soprattutto, dei sogni da realizzare: non immaginavo che all’età di 23 anni la vita potesse riservarmi alcun problema. Sto male ma non mi preoccupo, vado avanti ma nel tempo questa condizione mi mette ko. Dopo la diagnosi, però, la Sm assorbe tutta la mia vita, ma soprattutto occupa completamente la mia mente. È quello il momento più brutto. Ero completamente concentrato dalla mia condizione che, invece, non deve diventare la protagonista della nostra esistenza. Io l’ho capito dopo aver trascorso una giornata al mare coni i miei amici di sempre. Da quel giorno ho iniziato a non preoccuparmi solo ed esclusivamente della Sm e della paura del futuro, mi sono concentrato più sul presente, ho ripreso in mano i miei interessi che avevo messo da parte, uno di questi è diventato il mio lavoro, e a rifare attività motoria. Mi sono posto piccoli obiettivi giornalieri che ancora oggi mi danno gli stimoli giusti per andare avanti”.
Chi era abituata a governare l’incertezza e l’imprevedibilità già prima della diagnosi di Sm è Erika Narciso, infermiera, mamma di due ragazzi di 15 e 17 anni. “Dal 1998 lavoro al 118 di Bologna, e da allora ho a che fare ogni giorno con l’emergenza – spiega Erika Narciso – quindi l’incertezza la governavo già da prima di scoprire di avere la Sm. Due anni fa ho avuto la mia prima diagnosi di sclerosi multipla in seguito ad una neurite ottica, l’infiammazione del nervo ottico. Fortunatamente il mio carattere tranquillo mi aiuta molto ad affrontare ogni situazione, a non perdere mai la testa. Durante la pandemia proprio grazie al mio lavoro ho imparato che la comunicazione è fondamentale. Momenti di confronto come l’incontro “Io non sclero” sono importantissimi per affrontare la malattia”.
Anche per Stefano “occasioni come l’evento Fb Io non sclero aiutano ad avere una maggiore consapevolezza che prima non avevo – afferma – Oggi finalmente posso dire di avere gli stimoli giusti per andare avanti mentre prima non avevo mai pensieri positivi”.
Scrivendo il libro “mi sono accorta che condividere le mie fragilità e il mio dolore mi è servito a sentirmi meno sola e più forte. Confrontarsi, anche in questa community, è una medicina: un bellissimo scambio e un’opportunità di arricchimento”, conclude Antonella Ferrari.