(Adnkronos) – “Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom […] e io ridevo come un pazzo”. Così parlava con la fidanzata in una intercettazione uno dei poliziotti della questura di Verona arrestato con altri quattro colleghi per tortura. In un dialogo, contenuto nell’ordinanza, si capisce che gli abusi avvenivano al riparo da telecamere di videosorveglianza. “Gli ho lasciato la porta aperta in modo tale che uscisse perché io so che c’è la telecamera dentro […] mi ero messo il guanto, ho caricato una stecca amo’, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto là […] gliel’ho tirata bene, ho detto adesso lo sfondo, bam […] minchia che pigna che gli ho dato”. In un altro dialogo lo stesso poliziotto racconta: “Io c’ho pazienza, soltanto che poi siccome l’avevo già graziato prima, ho detto vabbè, oggi le devi prendere anche da me”.
“Da tali dialoghi – scrive il gip Livia Magri – si desume in maniera inequivocabile la consuetudine nell’utilizzo ingiustificato di violenza fisica da parte degli indagati su soggetti sottoposti a controllo o fermo’’.
Uno dei poliziotti arrestati a Verona aveva in un’occasione anche urinato addosso a una persona in loro custodia “per svegliarlo”, emerge dall’ordinanza che ha portato agli arresti domiciliari 5 poliziotti della questura di Verona accusati di atti di violenza tra il luglio 2022 e il marzo 2023, nei confronti di persone sottoposte alla loro custodia. Ai cinque indagati, oltre al reato di tortura, sono stati contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio.
“Si tratta, innegabilmente, di una pluralità di condotte integranti reiterate violenze foriere di ‘acute sofferenze fisiche’, che si desumono non solo dalle parole della persona offesa, ma risultano anche cristallizzate dai filmati acquisiti, che immortalano’’ la vittima “in preda a spasmi e contrazioni, lasciato al suo destino dal personale di polizia’’.
“Come già sottolineato, questo atto denigratorio e sminuente ha certamente incontrato l’approvazione e suscitato l’ilarità degli altri poliziotti presenti – si legge – tant’è che nessuno degli altri poliziotti ha dato il minimo segnale di disappunto, portando avanti anche in seguito, come si è visto, un coerente atteggiamento di scherno nei confronti della persona offesa, dovendosi rammentare che gli operanti ai quali’’ la vittima “si rivolgeva manifestando sofferenza e chiedendo aiuto al di là barriera in plexiglass facevano gesti che significavano che a loro non interessava il suo stato; e che, in una certa fase, come comprovato anche dai filmati, uno degli operanti si divertiva ad accecare con la torcia’’ la vittima “mentre gli altri ridevano’”.
“E’ innegabile che tutti gli indagati abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza, commettendo reati piuttosto che prevenirli, in ciò evidentemente profittando della qualifica ricoperta, anche compiendo falsi ideologici in atti pubblici fidefacenti con preoccupante disinvoltura’’, si legge ancora nell’ordinanza. Ai cinque indagati, oltre al reato di tortura, sono stati contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. “E’ evidente – scrive il gip di Verona – come l’abuso dei poteri connessi alla funzione o al servizio non soltanto abbia consentito agli indagati di cogliere più facilmente le opportunità di commissione di illeciti, ma abbia altresì costituito, come efficacemente sottolineato nella richiesta, una sorta di ‘paravento’ al riparo del quale schermare le proprie responsabilità’’.
“Amara constatazione – scrive ancora la gip – è quella per la quale i soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcool o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente ‘deboli’’’.
Una “circostanza – sottolinea Magri – che, da un lato, ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, dall’altro lato ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza di segno negativo per le loro condotte, non essendo prevedibile, nella loro prospettiva, che alcuna delle persone offese si potesse determinare a presentare denuncia o querela (come in effetti confermato dagli eventi) o che comunque potesse essere considerata attendibile e più affidabile degli atti fidefacenti a firma degli stessi indagati’’.
Il Questore: “Fatti gravi, indagine scrupolosa”
“I fatti contestati sono gravi. Gli accertamenti sono stati fatti da poliziotti nel corso dell’indagine durata diversi mesi. E la ragione della durata è che sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, con la quale c’è stata una collaborazione perfetta, si sono messi in campo tutti gli sforzi per raccogliere gli elementi probatori necessari a sostenere in maniera adeguata l’accusa in giudizio. La verità processuale sarà quella che emergerà dal processo”, dice all’Adnkronos il questore di Verona Roberto Massucci. “Siamo stati molto attenti a essere scrupolosi – sottolinea il questore- a raccogliere tutti gli elementi tecnici e testimoniali necessari a portare avanti queste indagini che si sono tradotte in un’ordinanza del gip per cinque poliziotti. Nel tempo mi sono premunito di avvicendare dal reparto volanti tutti quei poliziotti che magari non avevano agito ma erano presenti”.