(Adnkronos) – “Alla stazione di Kiev, la notte, c’è un silenzio surreale. Un coacervo di umanità molto differente, ma allo stesso tempo unita da un destino tragico che è quello della fuga di chi attende il treno della mattina dopo per mettersi in salvo e scappare, scappare il più lontano possibile da lì. La stanchezza attraversa gli sguardi delle persone, ed è un tratto distintivo che vedi nei volti di tutti qui in Ucraina”. La toccante fotografia è del giornalista di ‘Piazzapulita’ Alessio Lasta, inviato in Ucraina per raccontare il conflitto, che descrive così all’Adnkronos la sua prima notte a Kiev dove è arrivato da Leopoli e nella cui stazione si è trovato a dover trascorrere la notte.
“C’erano padri di famiglia che erano lì ad aspettare il treno con le loro mogli e i bambini -racconta Lasta- che avrebbero preso poi il treno in direzione Leopoli ad ovest, per poi andare verso il confine con la Polonia. Erano lì per non lasciarle sole di notte, le donne poi partono insieme ai bambini e gli uomini restano. Si respira molto forte questa sensazione lacerante”. Le luci “vengono spente, e resti in uno spazio di mille metri quadrati enorme -racconta il giornalista- Io ho dormito accanto ad una signora molto anziana, che ad un certo punto si è appoggiata sulla mia spalla con la testa perché era veramente stanca”. Quella sala d’aspetto della stazione di Kiev “è un po’ questo: le lacerazioni dei sentimenti familiari. Un insieme di persone che si amano e non sanno quando si potranno rivedere, donne, uomini, molte persone anziane, che vanno lì la sera prima per mettersi in salvo e fare la coda il giorno dopo, quando è proprio un assalto vero ai treni”.
L’atmosfera che si respira a Kiev “è di sospensione, c’è l’attesa di qualcosa di peggiore -spiega il cronista- Siamo di fronte a una tranquillità che non promette nulla di buono. E’ una guerra di posizione, che ricorda la Prima Guerra mondiale, molto tattica. Quando ci sono queste giornate di pausa, non supportate da trattative reali tra i due paesi, non fa ben sperare per i giorni successivi”. La città “è deserta, è tutto chiuso, l’unica speranza di mangiare è l’hotel. Lunghe file in farmacia, qualche bancomat aperto, ma è molto difficile reperire denaro. E poi le sirene, che scandiscono la giornata in Ucraina”.