Gli studenti lanciano l’appello, e gli insegnanti rispondono presente. Non si tratta di una sorprendente inversione dei ruoli precostituiti ma di certo, per i più, non era semplice preventivare un’adesione simile, da parte del corpo docenti alle petizioni studentesche contro il Green Pass. Non è certamente un mistero che a contestare lo strumento della certificazione verde e l’obbligo di vaccinarsi mirato, al momento, solo verso determinate categorie professionali, siano in molti e non esclusivamente fra i diretti interessati, appartenenti alle cerchie in questione.
Ma in una settimana cruciale sul piano delle regole di contenimento della diffusione del Covid-19, in cui il Governo sta puntando all’estensione dell’obbligo di presentazione del Green Pass a più settori lavorativi, la voce degli accademici rischia di fare parecchio rumore. Questo perché la posizione espressa dai firmatari appare svincolata dall’importanza della vaccinazione in sé, che non viene contestata e per certi versi caldeggiata, come nel caso del celebre storico Alessandro Barbero. “Un conto è affermare che il vaccino sia necessario e quindi lo si rende obbligatorio” sostiene il docente; altro discorso, “se non si ha il coraggio di imporre l’obbligo e si usano le discriminazioni per convincere a vaccinarsi”.
È proprio il nodo della discriminazione a far storcere il naso ai tanti docenti che appoggiano l’appello contro l’obbligo di Green pass per entrare all’università, un aspetto che secondo i firmatari contrasterebbe con la Costituzione e con il regolamento europeo sulla certificazione. Su quest’ultimo punto, per la verità, Bruxelles ha già risposto ricordando che il regolamento si riferisce solo alla disciplina degli spostamenti fra gli stati membri dell’Unione Europea. Resta invece problematico l’utilizzo del certificato per altri scopi, un aspetto sul quale, anche mediante questa petizione, il mondo dell’università auspica che vi sia la possibilità di aprire un serio dibattito politico.