E’ guerra di nervi in attesa del referendum di domenica che, a prescindere dall’esito, segnerà il destino della Grecia. Il premier ellenico, Alexis Tsipras, e il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, continuano ad assicurare che anche in caso di vittoria dei ’no’ un accordo con i creditori sarà possibile. Non è dello stesso avviso Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea, secondo il quale in caso di bocciatura la posizione del Paese sarebbe “drammaticamente indebolita”. Oggi, l’Alta corte greca si esprimerà sulla costituzionalità del referendum. E sempre oggi sono previste manifestazioni del fronte del ’sì’ allo stadio Kallimarmaro e del ’no’ a piazza Syntagma. Intanto, un nuovo sondaggio indica un testa a testa fra favorevoli e contrari. “Se i greci voteranno ’no’ al referendum di domenica, la posizione della Grecia sarà drammaticamente indebolita” nei negoziati di un eventuale nuovo programma. Così il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. “Anche nel caso” in cui il risultato del referendum greco “sarà sì, il negoziato sarà difficile,sottolinea Juncker. La stima di Standar and Poor’s di 11 miliardi di euro di maggiori interessi per l’Italia sul debito pubblico, in caso di default greco, è ’’molto aggressiva e non si riesce a capire come sia fatta’’, secondo il direttore generale del Tesoro, Maria Cannata. A margine di un evento alla Consob, Cannata dice che ’’non ci sono elementi per giudicare’’. “Un accordo è in vista” anche con la vittoria del No al referendum ed “è più o meno fatto”. Lo afferma, secondo Bloomberg, il ministro delle finanze greche Yanis Varoufakis alla radio irlandese secondo cui “la Grecia resterà nell’euro”. Secondo Varoufakis il voto no porterà a un accordo che includerà “la ristrutturazione del debito”. “Il giorno dopo il referendum sarò a Bruxelles e un accordo sarà firmato”, ha detto ieri sera il premier greco Alexis Tsipras in un’intervista alla tv Antenna, assicurando che la firma di un’intesa arriverà entro 48 ore dal voto. Parlando all’emittente Ant1, Tsipras ha spiegato che con la vittoria del ’no’ ci sarà una “soluzione sostenibile” per la Grecia. “Questo accordo può essere il cattivo accordo che ci propongono o uno migliore: più forte è il ’no’, migliore sarà l’accordo”, ha detto. In caso contrario, se vincesse il ’sì’ il premier greco ha spiegato che avvierà “le procedure previste dalla Costituzione” per fare in modo che la proposta delle istituzioni (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) diventi legge. In questo scenario, Tsipras ha detto che non metterà la sua “poltrona” al di sopra gli “interessi della nazione”, suggerendo che potrebbe dimettersi. Continua a peggiorare la situazione in Grecia per il settore del turismo a causa della recente decisione del governo di indire un referendum sul piano di salvataggio del Paese. Come riferisce l’edizione online di Kathimerini, diverse isole dell’arcipelago delle Cicladi, dove un gran numero di turisti stranieri si trovano attualmente in vacanza, sono già alle prese con problemi di approvvigionamento, soprattutto per certe categorie di generi alimentari, come la carne, come pure per le medicine. Alla base del problema, secondo la Camera di Commercio delle Cicladi, c’è il fatto che le imprese locali non possono pagare i loro fornitori esteri a causa del controllo dei capitali imposto dal governo. Non solo gli albergatori sulle isole ma anche quelli nel resto della Grecia sono molto preoccupati per il rischio di trovarsi senza forniture di cibi e bevande e temono che, se il problema non verrà risolto al più presto, saranno costretti a chiudere le loro attività. Una tale evenienza significherebbe che solo un anno dopo l’eccezionale stagione del 2014, il settore turistico greco subirebbe un’ondata di licenziamenti e fallimenti di imprese tale da segnare uno dei peggiori record nella storia del Paese. Da parte sua, l’Associazione delle agenzie turistiche elleniche (Sete) ha confermato ieri che negli ultimi giorni il calo delle prenotazioni ha raggiunto il 30-40%. Ciò significa che almeno 240.000 prenotazioni attese negli ultimi cinque giorni non si sono concretizzate. Gli industriali greci esortano i loro connazionali a votare “sì” al referendum di domenica e avvertono che il Paese rischia di ritrovarsi nella stessa drammatica situazione in cui si trovò l’Argentina una decina di anni fa. Il monito, come riferisce l’edizione online del quotidiano Kathimerini, è contenuto nel bollettino settimanale della Federazione ellenica delle imprese (Sev) diffuso ieri e nel quale si tracciano parallelismi tra le condizioni finanziarie dei due Paesi. A pochi giorni dal cruciale referendum in cui i greci sono chiamati ad esprimersi sulle proposte di riforma dei creditori in cambio del salvataggio del loro Paese, la Sev e tutte le associazioni industriali della Grecia hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui proclamano “Sì alla salvezza di migliaia di posti di lavoro e al ritorno alla normalità”. “Uniamo le nostre voci per cercare di scongiurare il disastro che incombe e siamo preoccupati quando sentiamo affermazioni sulle cosiddette garanzie per la stabilità dell’economia e la sicurezza dei depositi bancari”, è detto ancora nel comunicato congiunto. La Sev traccia quindi un parallelo tra la situazione della Grecia di oggi e quella dell’Argentina nel 2000, ricordando che il Paese sudamericano è entrato in recessione nel 1998 e nel dicembre 2001 ha fatto default sul debito estero, pari a 93 miliardi di dollari la metà dei quali erano stati prestati nel corso di tale triennio.