Il premier Mario Draghi e il ministro degli Esteri Di Maio oggi sono a Tripoli per incontrare il Primo ministro Abdulhamid Dabaiba del governo di Unità nazionale
Raffaele Panico
foto copertina GdS
In discussione la presenza costruttiva dell’Italia nel Paese e la reciproca volontà di collaborazione da parte libica e italiana con progetti volti a favorire la ripresa di significativi rapporti. Tra i punti essenziali l’apertura del consolato a Bengasi, il rinnovo dell’aeroporto di Tripoli, e la riapertura a investitori e ditte italiane da parte della Libia, come ha richiesto la premier libico Dabaiba. Il Paese si prepara per le elezioni del prossimo 24 dicembre, in questi mesi necessita di aiuti concreti e collaborazione per tornare alla stabilità e alla crescita nell’era del dopo Gheddafi.L’Italia indiscutibilmente per rapporti storici di vicinanza e d’amicizia non può che tornare a svolgere un ruolo di primo piano, grazie anche all’azione svolta negli ultimi mesi nel favorire la soluzione del conflitto bellico tra le due parti del Paese, tra l’Est e l’Ovest con il dialogo politico e la diplomazia. Il premier libico è un navigato tecnocrate come altri ministri del suo governo in linea con la ripresa dei rapporti Italia-Libia. Grandi sono i progetti all’ordine del giorno. Dabaiba aveva già seguito gli sviluppi dell’Accordo di Amicizia e Partenariato a far data dal 2008.
I capitoli da affrontare oggi tra Roma e Tripoli riguardano l’energia: fondamentale è la presenza storica dell’Eni in Libia, già di notevole importanza con l’era Gheddafi; oggi si discute anche della prossima transizione energetica con le fonti rinnovabili nella regione sud del Fezzan, già in fase progettazione e che sarà siglato in seguito.
L’aeroporto di Tripoli necessita la ristrutturazione e il completamento per il rilancio dell’aviazione civile del Paese; tornare a volare con collegamenti con l’Italia e il resto d’Europa. Un consorzio di aziende italiane è pronto a riprendere i lavori.
L’Autostrada della pace che dovrà riprendere i lavori già iniziati anni fa presso Tobruk, una lunghezza di circa 2.mila kilometri di collegamento viario tra il confine egiziano e il tunisino per 5 miliardi di dollari d’investimento.
La Sanità un settore che già teneva banco per l’ammodernamento delle strutture ospedaliere ed in questi tempi anche per fronteggiare la lotta alla pandemia, con attrezzature e medicinali già in parte inviate sul campo per l’emergenza covid.
Lotta all’immigrazione clandestina e la tratta dei migranti avvalendosi delle più moderne tecnologie di aziende leader italiane.
Costruzione di una megacentrale di produzione elettrica per sopperire ai black out elettrici prolungati che i libici devono subire, nonostante tutte le risorse di idrocarburi di cui è ricchissimo il sottosuolo, da installare con un sistema combinato anche con l’energia rinnovabile del solare. Infine, il capitolo dei pagamenti insoluti delle aziende italiane creditrici con apposita commissione italo-libica di certificazione, e ristoro per le degenze ospedaliere e convalescenze per i feriti causati dalla guerra civile. A Misurata è rimasto operativo l’Ospedale da campo militare italiano in questi anni. Questa è la filosofia dei rapporti politici e strategici tra l’Italia e la Libia, cui Roma e Tripoli convergono insieme da diverso tempo, per il rilancio ora dell’economia dopo la ri-pacificazione del Paese della sponda sud del Mediterraneo.
Questa oggi in Libia, è la prima visita di Stato all’estero per il premier Mario Draghi, accompagnato dal ministro Di Maio che si era recato nelle scorse settimane ed era stato il primo viaggio di un diplomatico europeo. Una missione diplomatica significativa per il rilancio delle economie tra i due Paesi, e per l’impianto delle relazioni internazionali degli attori geopolitici dell’area sud ed orientale del Mediterraneo.
L’“Operazione Irini” che ha vigilato sull’embargo di armi alla Libia, ha predisposto l’iter per la progressiva stabilizzazione e il mantenimento della pace; nei giorni scorsi è stata rinnovata per altri due anni l’Operazione Irini e, a seguire, ha visto il cambio di guardia con l’entrata in mare della Nave Ammiraglia San Giorgio, con l’Italia che ha assunto il comando delle forze in mare con il contrammiraglio Stefano Frumento.