A prendere le difese di Maio in queste ore convulse della politica italiana interviene Salvini.
“E meglio tacere e rispettare il voto degli italiani invece di dire sciocchezze. Io voglio dare un governo allItalia, sono stufo di insulti, capricci e litigi”. Ma se il centrodestra resta ora alla finestra, il Pd è chiamato a fare una scelta tra chi, come i ministri e molti amministratori, vuole sedersi al tavolo della trattativa con il Movimento e chi, come i pasdaran renziani, non ne vogliono sapere.
In attesa della direzione, che per ora sembra confermata il 2 maggio, vanno in scena però solo divisioni e attacchi.
Carlo Calenda, fresco di tessera dem, conferma il suo addio al Pd in caso di intesa con M5S. Il vicepresidente della Camera Ettore Rosato parla di “distanze abissali” sui programmi e rimanda la decisione “con responsabilità” alla direzione. Ma se Renzi riceve dalla gente solo dei no allaccordo, il reggente Maurizio Martina, che oggi ha sentito lex premier, ha limpressione che “tanti chiedano di provare a fare un lavoro, sapendo che è complicato”. Martina è consapevole che con lex leader ci sono “idee diverse” ma vuole “andare fino in fondo” anche perchè “da Di Maio sono arrivate parole chiare”. E il rischio “da evitare”, in caso tutto fallisca, avverte, è il voto ad ottobre.
Non crede, invece, che una fase così delicata possa essere affrontata “con una gestione provvisoria” del partito Antonello Giacomelli, schierato per il no, che chiede a Renzi di ritirare le dimissioni e prendere in mano le redini del Pd. Un clima tra i dem da resa dei conti che rischia di far deflagrare le divisioni rimaste sotto traccia dopo la disfatta elettorale.