Colpo di Stato in Myanmar. Nella notte tra domenica e lunedì, i militari hanno arrestato Aung San Suu Kyi, leader de facto del Paese e vincitrice delle ultime elezioni. Secondo la portavoce della Lega nazionale per la democrazia, il suo partito, sarebbe detenuta insieme ad altri esponenti politici a Naypyidaw, la capitale.
L’esercito, noto come Tatmadaw, ha proclamato lo stato d’emergenza per un anno. I poteri sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing, mentre a Myint Swe, uno dei due vicepresidenti, è stata affidata la presidenza ad interim.
Da settimane i militari contestano l’esito delle elezioni di novembre, in cui il partito di Aung San Suu Kyi ha ottenuto 396 seggi nell’assemblea nazionale (su 322 necessari per formare un governo). Per i golpisti “una frode elettorale”. Secondo la commissione elettorale del Paese, il voto è stato “libero ed equo”.
“Esorto la popolazione a non accettare il golpe, a rispondere e a protestare con tutto il cuore contro il colpo di Stato dei militari”, ha annunciato Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991 (ma molto criticata dalla comunità internazionale per la questione Rohingya, minoranza mussulmana nel Paese), in una nota diffusa dalla Lega nazionale per la democrazia.
Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito hanno prontamente criticato il colpo di stato e invitato i militari a liberare i prigionieri. “Gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi tentativo di alterare il risultato delle elezioni precedenti – fanno sapere dalla Casa Bianca – o di impedire la transizioni democratica del Myanmar e prenderanno nuovi provvedimenti contro i responsabili se questi passi non verranno annullati”.
Sulla stessa lunghezza Josep Borrell, alto rappresentante dell’Unione europea. “Condanno il golpe militare – ha detto – e chiedo un immediato rilascio dei detenuti. I risultati elettorali e la Costituzione devono essere rispettati”. Anche il premier britannico Boris Johnson ha condannato “il colpo di Stato e l’incarcerazione di civili”. “Il voto va rispettato”, ha detto.