Il presidente del Mali, Ibahim Boubacar Keita, si è dimesso martedì notte. “Ringraziando il popolo maliano per il sostegno in questi lunghi anni e per il calore del loro affetto, voglio informarvi della mia decisione di lasciare da questo momento in poi tutte le mie funzioni”, ha detto Keita, annunciando lo scioglimento anche del Governo e del Parlamento.
Poche ore prima, il presidente e il primo ministro, Boubou Cissè, erano stati arrestati da un gruppo di militari ammutinati. “Il presidente e il premier sono sotto il nostro controllo. Li abbiamo arrestati a casa del presidente”, aveva detto uno dei soldati coinvolti. Informazione confermata poco dopo da un portavoce del governo.
Keita, che è stato democraticamente eletto nel 2013, ha fatto sapere che si è arreso perché non vuole “che venga versato sangue per restare al potere”. Solo poche ore prima dell’ammutinamento, il primo ministro aveva dato piena disponibilità a un “colloquio fraterno” con l’esercito “per spazzare via tutti i malintesi” degli ultimi mesi.
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha subito denunciato il golpe , chiedendo la “liberazione immediata e senza condizioni” del presidente e il ristabilimento dell’ordine costituzionale.
Anche l’Unione europea, tramite il suo alto rappresentante Josep Borrell, ha condannato con forza il colpo di Stato e “rifiuta ogni cambiamento anticostituzionale che non rappresenta in nessun caso una risposta alla profonda crisi socio-politica che sta spaccando il Paese”.
La Comunità degli Stati dell’Africa occidentale sta mediando in Mali e si è espressa “molto preoccupata” per la situazione avvenuta “in un contesto socio-politico già molto complesso”. Per questo ha manifestato “ferma opposizione a qualsiasi cambiamento politico anticostituzionale”. Il presidente francese ha appoggiato gli sforzi della Comunità, esprimendo “pieno sostegno ai suoi sforzi” e assicurando che segue la vicenda “da molto vicino”.
Mario Bonito