(Adnkronos) – “I risultati degli studi Be Optimal e Be Complete offrono evidenze chiare a sostegno del potenziale di bimekizumab, un duplice inibitore della Il-17A e Il-17F, nel trattamento dell’artrite psoriasica attiva. Questa malattia dolorosa e cronica può avere un grande impatto sulla vita dei pazienti. Il raggiungimento di un’attività di malattia minima è un obiettivo importante del trattamento, che in definitiva migliora la qualità della vita per le persone affette da artrite psoriasica”. Così Joseph F. Merola, associate professor, Harvard medical school and Brigham and Women’s hospital, Boston (Usa), commentando i dati dei due studi presentati al Congresso europeo di reumatologia, Eular 2022 (Copenaghen, 1-4 giugno 2022).
Come spiega in una nota la farmaceutica Ucb, che produce il farmaco biologico, i dati dettagliati riguardano 2 studi di Fase 3 che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di bimekizumab rispetto al placebo nel trattamento di adulti affetti da artrite psoriasica attiva che erano naïve, cioè non avevano mai utilizzato il farmaco antireumatico biologico modificante la malattia – bDmard (Be Optimal) – e di adulti con risposta inadeguata o intolleranza agli inibitori del fattore di necrosi tumorale – anti-Tnf-alfa (Be Complete). La sicurezza e l’efficacia di bimekizumab nell’artrite psoriasica non erano ancora state confermate e il farmaco non è attualmente approvato per l’uso nell’artrite psoriasica dalle autorità regolatorie del farmaco.
Entrambi gli studi – scrive Ucb – hanno raggiunto l’endpoint primario – ovvero un miglioramento di almeno il 50% rispetto al basale dei criteri di risposta dell’American college of rheumatology (Acr50) – rispetto al placebo alla settimana 16 e tutti gli endpoint secondari classificati rispetto al placebo con significatività statistica. Alla settimana 16, i pazienti trattati con bimekizumab hanno ottenuto miglioramenti clinicamente rilevanti rispetto al placebo a livello di sintomi sia articolari sia cutanei, con esiti di efficacia coerenti tra le popolazioni di pazienti responder naïve ai biologici e inadequate responder al solo anti-Tnf-alfa. Inoltre alla settimana 16, in entrambi gli studi, oltre il 40% dei pazienti ha raggiunto una risposta minima all’attività della malattia rispetto al placebo. Il profilo di sicurezza di bimekizumab è risultato coerente con i dati di sicurezza osservati in studi precedenti senza altri segnali osservati in merito.
“I nostri studi clinici di Fase 3 con bimekizumab hanno utilizzato l’indice Acr50 alla settimana 16 come endpoint primario, riflettendo così il nostro obiettivo di alzare l’asticella del trattamento per le persone affette da artrite psoriasica. I risultati mostrano come bimekizumab abbia permesso di gestire i sintomi articolari debilitanti dell’artrite psoriasica attiva, con anche alti livelli di clearance cutanea rispetto al placebo”, afferma Emmanuel Caeymaex, executive vice president, Immunology solutions e Head of Us, Ucb. “È importante sottolineare che i risultati coerenti osservati tra le popolazioni suggeriscono come bimekizumab possa permettere di ottenere una risposta clinica simile nei pazienti che hanno una risposta inadeguata o intolleranza agli inibitori del Tnf-alfa nei pazienti responder naïve ai biologici”.
L’artrite psoriasica è una condizione infiammatoria sistemica cronica grave, altamente eterogenea, che colpisce sia le articolazioni sia la pelle, con una prevalenza dallo 0,02% allo 0,25% nella popolazione e dal 6% al 41% nei pazienti affetti da psoriasi. Tra i sintomi ci sono: dolore e rigidità articolare, placche cutanee, dita di piedi e mani gonfie (dattilite) e infiammazione dei siti in cui tendini o legamenti si inseriscono nell’osso (entesite).
Bimekizumab è un anticorpo Igg1 monoclonale umanizzato progettato per inibire selettivamente sia l’interleuchina 17A (Il-17A) sia l’interleuchina 17F (Il-17F), due citochine chiave che guidano i processi infiammatori. Il farmaco è in Fase 3 di sviluppo clinico anche per il trattamento della spondiloartrite assiale attiva.