(Adnkronos) – “Il disegno di legge governativo sulla giustizia rischia di essere scarsamente efficace. Anche se è presto per esprimere una valutazione definitiva perché si tratta di un disegno di legge delega, l’impressione è che il testo sia il frutto di un faticoso lavoro di mediazione, che, come talvolta accade, ha finito per scontare qualche eccessiva timidezza e per sacrificare l’esigenza principale di questo intervento normativo, che dovrebbe essere quella di realizzare un recupero di autorevolezza e di legittimazione della magistratura, dopo le note vicende che hanno caratterizzato il Csm”. Ne parla con l’Adnkronos il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore di Diritto pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata che, commentando il ddl giustizia da oggi in dibattito in Commissione, rileva: “la limitazione delle cosiddette porte girevoli suscita, peraltro, qualche perplessità di ordine costituzionale e soprattutto appaiono scarse le misure sul vero problema della magistratura, che a mio avviso è quello dell’indipendenza interna e dei connessi problemi del carrierismo e del correntismo. Quest’ultimo l addirittura rischia dì uscire rafforzato dal nuovo sistema elettorale. E’ infine poco comprensibile – rimarca – l’incremento del numero dei componenti del Csm”.
“Quanto al problema della politicizzazione della magistratura, “la sensazione è che ci si è concentrati sul dito e si è persa di vista la luna. Mi riferisco al tema delle porte girevoli, cioè al divieto per i magistrati che assumono incarichi elettivi o che lavorano come gabinettisti di ritornare a svolgere le funzioni magistratuali. Soluzione che, tra l’altro, suscita qualche perplessità di ordine costituzionale, visto che la Costituzione prevede che chi è chiamato a svolgere funzioni pubbliche elettive ha diritto di conservare il suo posto di lavoro – commenta Marini – Soprattutto non credo che la crisi di legittimazione della magistratura nasca da quei pochissimi magistrati, per lo più amministrativi e contabili, che salvo rare eccezioni danno un contributo prezioso e squisitamente tecnico nelle sedi istituzionali”.
Secondo il costituzionalista, “il problema, non è quello dell’indipendenza esterna, ma quello dell’indipendenza interna e, in particolare, delle degenerazioni del correntismo e del carrierismo. La questione principale non è, o quantomeno non è solo, il rapporto tra i magistrati e gli organi parlamentari o di governo, ma soprattutto il rapporto tra i magistrati e quella sorte di associazioni partitiche, chiamate correnti, interne alla magistratura: correnti che hanno la forza di condizionare l’intera vita professionale di tutti i magistrati. Nella stessa logica rimangono poi meramente accennati e sostanzialmente ai margini dell’intervento normativo aspetti fondamentali: come il tema delle funzioni e del ruolo istituzionale del Csm o quello della responsabilità dei magistrati”.
L’altro tema politicamente caldo sul quale il ddl interviene è il sistema elettorale della componente togata del Csm: “Rispetto all’obiettivo di limitare il peso delle correnti, la proposta è molto deludente; anzi potrebbe addirittura risultare peggiorativa rispetto alla disciplina vigente – avvisa il professore di Tor Vergata – Anzitutto, non è stato previsto il sorteggio misto che, a mio avviso, rappresenterebbe, a costituzione vigente, l’unico sistema per indebolire il gioco correntizio. Inoltre, l’introduzione di un sistema in parte maggioritario in parte proporzionale, con addirittura meccanismi di recupero proporzionale, si muove in una logica di riconoscimento giuridico e di consolidamento delle correnti. Invece, cioè, di combattere e, possibilmente, di smantellare il sistema correntizio – commenta – ci si è limitati a tenerlo in equilibrio tra le varie correnti. Infine, lascia perplessi la decisione di incrementare il numero dei componenti dell’organo, che già oggi potrebbe risultare ipertrofico”.
(di Roberta Lanzara)