“Se indagini riservate sono continuamente pubblicate, qualcosa non funziona, non è in armonia con i principi democratici, con lo stato di diritto”. Non lo è neanche la pubblicazione di intercettazioni private, diffuse dalla stampa anche se mai confluite in provvedimenti giudiziari: “Il trojan è uno strumento troppo intrusivo e devastante dal punto di vista della tutela del diritto alla privacy, pertanto dovrebbe essere utilizzabile soltanto in riferimento a reati gravissimi, come mafia, attentato allo Stato, associazioni sovversive, terrorismo…”. Così il presidente emerito della Corte costituzionale, Antonio Baldassarre, che sulle spaccature politiche affema all’Adnkronos: “Non è una questione di scelte di politica di destra o di sinistra, ma di tutela di diritti fondamentali, di cui purtroppo si dibatte in Parlamento solo quando si parla di tematiche di genere. E mai invece di principi ben consolidati, come quello alla privacy di tutti”.
Quindi, intervenendo su quanto dichiarato ieri a Porta a Porta da Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Baldassarre argomenta: “Anche se il diritto alla privacy è garantito a tutti, rispetto ai personaggi pubblici subisce un affievolimento. Se si tratta di un personaggio politico, o un magistrato, o un pubblico funzionario si ritiene che il popolo debba sapere come esercita le sue funzioni. Pertanto in quest’ottica la pubblicazione di un conto corrente è ipotizzabile: anche se non parliamo di finanziamenti illeciti, la gente deve sapere da dove prende legittimamente i soldi”. Ciò però non vale per la pubblicazione del conto corrente di Renzi che “è illegittima per un altro motivo: si tratta di un’indagine della magistratura che per legge è segreta”, conclude l’ex presidente della Consulta.
(di Roberta Lanzara)