(Adnkronos) – Il sistema non è infallibile, ma scendere dalla torre d’avorio e spiegare, con semplicità – e magari anche via social -, problemi ed errori è un passo che la magistratura deve compiere per riconquistare la fiducia dei cittadini. Tommaso Mainenti, già presidente della Sezione lavoro del tribunale di Torre Annunziata (Napoli) ora in servizio a Nocera (Salerno), è un magistrato diventato emblema della possibilità di smaltire l’arretrato e di far correre, o almeno più che camminare, una macchina che a partire dal tribunale di Roma, ma non solo, sembra ingolfata. Un giudice “controcorrente” capace di criticare la sua stessa categoria, a partire dagli ultimi fatti di cronaca.
“Non conosco nei dettagli la vicenda del femminicidio di Bologna, ma mi sento di dire che ogni volta che si verifica l’evento da impedire significa che ‘il sistema’ non ha funzionato; e chi di quel sistema è l’asse portante (il magistrato) ne deve avvertire la responsabilità morale e non trincerarsi dietro quel che all’esterno viene sentito come un inammissibile discarico di colpe”, le parole affidate all’Adnkronos. “La magistratura deve uscire dalle proprie torri d’avorio e fare i conti con il comune sentire, deve saper ‘dialogare’ senza chiudersi in recinti autoreferenziali e deve ammettere quando ci sono le proprie mancanze, spiegando con termini accessibili a tutti cosa c’è che non funziona e perché. La fiducia dei cittadini, nel cui nome la giustizia viene pronunciata, si perde e si conquista sul campo anche parlando sui social di quel che si fa (solo del funzionamento del sistema non dei singoli casi) ed esponendosi, com’è giusto che sia, a critiche e recriminazioni da cui si può trarre spunto per migliorare”.
I magistrati “sbagliano, come tutti gli uomini. Il fatto che non paghino per i propri errori non è corretto, diciamo che a volte si avverte all’esterno un sistema di autodifesa corporativo che può essere solo frutto della normativa”, ma non sempre è così: “arrestare chi poi viene assolto non necessariamente è un errore poiché i presupposti di legge sono diversi anche se poi è difficile spiegarlo all’esterno” evidenzia Mainenti che in carriera ha chiesto scusa ed è pronto a rifarlo, se necessario. “Capita e capiterà che, con tutta l’attenzione possibile, qualcosa sfugga. Per questo ci sono più gradi di giudizio. E, confesso, per questo ho dedicato tutta la mia vita al primo grado: perché i miei errori non siano mai definitivi. Alla famiglia di chi ha subito i danni di un sistema che non funziona vanno formulate le proprie scuse: non bastano, ma sono almeno un segno di rispetto”.
Non solo qualche errore, tra gli evergreen dei problemi della giustizia ci sono i fascicoli arretrati. “Con la legislazione attuale, senza quindi che occorrano modifiche di sorta, io posso scommettere che se mi si mandasse in una qualsiasi sezione lavoro d’Italia, fornendomi un paio di collaboratori di Cancelleria adeguati, sul ruolo di cause assegnatomi (qualunque ruolo, con qualsiasi quantitativo), in capo a un anno al massimo non vi sarebbero più arretrati”, spiega chi da 35 anni ha esperienza in materia di lavoro.
Eppure sul fronte penale i faldoni che si accumulano hanno portato il presidente del tribunale di Roma a disporre che le udienze collegiali saranno sospese per sei mesi, a partire dal 15 ottobre, per mancanza di magistrati. “Non conosco la reale situazione del Tribunale di Roma, ma fermare la macchina della giustizia per eccesso di arretrati è come evitare di curare un malato curabile solo perché ha troppe malattie, ha senso?” è la domanda, alquanto retorica, che cerca risposta.
Risposte ai problemi delle toghe che il prossimo ministro della Giustizia deve cercare anche nella tecnologia. “Deve attivarsi per rendere obbligatori i protocolli d’intesa tra magistrati e avvocati per ogni tribunale, con la previsione delle modalità dei rinvii della trattazione delle cause civili. È materia sulla quale non c’è nessuna uniformità e nella quale si annidano, tante volte, le peggiori storture. E poi occorre modificare gli strumenti telematici: magistrati e avvocati sono tenuti all’utilizzo di software che è molto migliorabile: oggi, spesso, tra rimandi e percorsi obbligati più che un sistema che aiuti il lavoro sembra il gioco dell’oca” conclude Tommaso Mainenti, già presidente della Sezione lavoro del tribunale di Torre Annunziata e oggi in servizio al tribunale di Nocera.