(Adnkronos) –
La sala Bingo del futuro. Alla Sala Congressi del Grand Hotel Rimini si svolge un confronto aperto tra le tre associazioni di categoria maggiormente rappresentative del Settore. Al tavolo il Presidente di Ascob, Associazione Concessionari Bingo, dott. Salvatore Barbieri, che ha promosso l’incontro, il dott. Emmanuele Cangianelli Presidente di Egp, Associazione Esercenti Gioco Pubblico, e il dott. Italo Marcotti, Presidente di Federbingo, associata a Sistema Gioco Italia in Confindustria. Modera l’incontro Maurizio Brodo, Direttore editoriale di Jamma.
Sul tavolo le numerose questioni che attengono alla sopravvivenza stessa delle sale, alla distribuzione sul territorio, all’innovazione tecnologica, alla tutela dei livelli occupazionali ed alla transizione verso un modello, già prospettato da Adm, di gaming hall.
Le Sale Bingo costituiscono una delle eccellenze nell’offerta di gioco sicuro e responsabile nel mercato regolamentato italiano grazie alle ampie dimensioni dei locali, alle tecnologie di gioco e di sicurezza avanzate, all’elevato numero di personale professionalizzato e dedicato al rapporto con i giocatori. Grazie a queste caratteristiche le sale, già nella loro configurazione attuale, rappresentano il prototipo di gaming halls delineato nei progetti di qualificazione e riordino distributivo dei giochi pubblici retail così come declinato nell’open hearing di ADM del 6 novembre 2020.
Nel 2019 erano operative 198 sale sul territorio nazionale (gestite da 129 aziende concessionarie), che assicuravano circa 12.000 redditi da lavoro (8.000 dipendenti ed indotto di circa 4.000 lavoratori per ristorazione, sicurezza, servizi tecnici), con oltre 1,1 milioni di clienti. Nello stesso anno il comparto sale bingo (per il solo perimetro della concessione bingo) ha garantito un contributo erariale diretto di 180 mln € (di cui 15 mln € di compenso per controllo centralizzato ADM), a fronte di raccolta di 1.497 mln € e vincite ai giocatori per 1.048 mln €.
La situazione pre-pandemica aveva già evidenziato le enormi difficoltà che le sale bingo si stavano trovando ad affrontare: tra queste la scomposta normativa territoriale che, in applicazione del distanziometro (distanza obbligatoria dai c.d. luoghi sensibili) e della riduzione degli orari, rendeva impossibile sia la gara per la riassegnazione delle Concessioni che la sostenibilità economico-finanziaria delle sale, e la mancanza di innovazione nel gioco stesso che ha avvantaggiato prodotti di gioco più dinamici e a maggiore redditività.
L’impossibilità di bandire la gara ha, a sua volta, generato un effetto boomerang per gli operatori: mantenere la possibilità di operare grazie ad una “proroga onerosa”. Così dai 2800 euro mensili del 2015 (Legge di Stabilità) si è arrivati ai 7.500 euro attuali e dovuti dal 2018.
La pandemia ha fatto il resto. Va ricordato che nel periodo del primo lockdown il pagamento è stato sospeso dal Dpcm ‘Cura Italia’. Alla riapertura le sale hanno dovuto sostenere immediatamente il costo della fee, senza alcuna riduzione o decurtazione. Nel secondo lockdown la sospensione del pagamento non è stata esplicitata e le sale si trovano nell’assurda situazione di vedersi chiedere il canone per le sale chiuse, cosa che potrebbe avviare contenziosi che si andrebbero ad aggiungere ai molti già in essere.
Sale chiuse per sei mesi nel 2020 e per ulteriori sei nel 2021: un anno di fermo totale che ha azzerato qualunque ricavo per i concessionari e ha messo definitivamente in ginocchio un settore che aveva attivato, in osservanza delle Linee Guida Regionali, rigidi protocolli di prevenzione e sicurezza Covid per dipendenti e clientela, che hanno comportato necessariamente la riduzione della capacità di offerta del gioco del bingo (oltre che delle altre attività delle sale, per altri giochi e ristorazione); da ultimo il 6 agosto 2021 si è aggiunto il controllo del Green Pass per l’accesso alle sale estesosi nei mesi successivi con l’accesso riservato solo a chi poteva esibire un Green Pass rafforzato.
Nel 2020 il gioco del bingo ha registrato una riduzione della raccolta del 55% (da 1.497 mln euro a 673 mln euro) sul 2019, proporzionale sulle entrate erariali, mentre i ricavi lordi dei concessionari si sono ridotti del 62% (da 269 mln a 102 mln euro) con la chiusura definitiva di alcune sale. Sempre con riferimento al 2019, anche il 2021 ha registrato una riduzione della raccolta del bingo in sala analoga al primo anno di pandemia (-54% per 689 mln €) con entrate erariali ancora sugli 80 mln euro, mentre i ricavi lordi dei concessionari sono restati di poco superiori a 110 mln €, riducendosi più che proporzionalmente alla raccolta per il secondo anno consecutivo (-58% rispetto al 2019). Ad oggi le sale operative sono ulteriormente ridotte a 188, vanno avanti tra difficoltà e speranze ma la situazione è sempre più drammatica e le richieste del Settore si fanno sempre più cogenti.
“Il modello industriale che interessa la rete di raccolta del gioco del Bingo terrestre ha compiuto il 22° anno di età e purtroppo mostra evidenti segnali di crisi. La contrazione dei margini dovuta all’incremento delle tassazioni, i canoni relativi al prorogarsi ormai da 8 anni dell’atteso bando di riassegnazione delle concessioni, le normative regionali ed i regolamenti comunali che limitano operatività e con essa la raccolta sono i grandi mali che affliggono un modello concessorio nel bel mezzo di una crisi sanitaria e geopolitica globale”, commenta Italo Marcotti. “In tutto ciò – sottolinea – non tende ad attenuarsi il problema reputazionale di cui soffre l’intero settore del gioco legale nei confronti dell’opinione pubblica e di rimbalzo della politica. Serve un intervento strutturale a carattere amministrativo e politico che possa ridare dignità e redditività al settore valori che direttamente generano occupazione e nuovi investimenti. Lo Stato è ad un bivio, confermare il proprio regime di monopolio sul settore del gioco d’azzardo o riconsegnarlo alle mafie”.
“La situazione economica attuale del gioco del bingo è quella della perdita pressoché totale di marginalità ed imporrà a breve la chiusura di molte sale e la perdita di lavoro di centinaia di donne, giovani, persone straniere al primo lavoro in Italia, oltre a perdite erariali dirette di decine di milioni nel 2022 ed indirette nel futuro, con minori offerte nelle future gare. – commenta Emmanuele Cangianelli – Ad esse si aggiungeranno i costi per ammortizzatori sociali, uscite per altre decine di milioni di euro annui dalle casse dello Stato. Un risultato socialmente ed economicamente disastroso che merita un intervento politico deciso”.
Ancora prima della pandemia, rileva Salvatore Barbieri, “molte sale bingo soffrivano e a stento riuscivano ad andare avanti. La pandemia ha dato il colpo di grazia mettendo un intero comparto in crisi. Come Ascob, da anni, cerchiamo tutele per i gli imprenditori delle sale bingo. Purtroppo la classe politica continua ad essere miope e a non vedere ciò che sta accadendo a questo comparto. Tanto è vero che ci siamo dovuti rivolgere alla giustizia amministrativa per cercare di far capire che una sala bingo non può sostenere un canone di concessione di 7500 € mensili, l’assurdo si è raggiunto con la richiesta di pagamento del canone di concessione per i mesi di chiusura imposti per legge. Spero solo che la politica smetta di continuare ad umiliare questo settore e arrivi al più presto un intervento legislativo che riporti i canoni di concessione a 2800 euro mensili e che si cancelli immediatamente la richiesta dei canoni concessori per il periodo di chiusura durante il secondo look down. In attesa di un intervento politico, che consideriamo urgente, un grosso aiuto può arrivare da Adm. Associazioni di categoria e Adm insieme possiamo e dobbiamo ripartire dall’open hearing del 6 novembre 2020 per apportare intanto velocemente le modifiche ai regolamenti di gioco di cui il settore ha un bisogno immediato”.