GIOCANDO PARTI UN COLPO E UCCISE MARCO. MI VERGOGNO, SONO FINITO

Aveva appena 21 anni Marco Vannini quando, la sera del 17 maggio 2015, venne ucciso da un colpo di pistola, mentre era in casa della sua fidanzatina, a Ladispoli. Dopop una vicenda fitta di misteri, frasi dette e poi smentite, sono finiti sotto processo il papà della ragazina, Antonio Ciontoli, i suoi due figli Federico e Martina, e la moglie, tutti accusati accusati di concorso in omicidio volontario. “Stavamo giocando goliardicamente. Marco voleva vedere la pistola, ho ’scarrellato’ e ho premuto il grilletto, tutto in una frazione di un secondo”, ha affermato il Ciontoli, sottufficiale della Marina, ricostruendo l’accaduto davanti alla Corte d’Assise, nell’ambito del processo. “Non sono mai stato un esperto di armi – ha aggiunto ancora il sottoufficiale – Stavamo solo scherzando, è stato un incidente. Mi vergogno di quello che ho fatto. Non ho chiamato subito il 118 – ha raccontato poi tornando a quella maledetta sera – perché prima lo volevo far calmare e volevo portarlo io in ospedale per parlare con il medico e chiedergli se con un piccolo intervento si poteva risolvere. Pensavo si trattasse di una cosa lieve e non ho mai pensato che potesse morire. Non volevo fare uscire la notizia, volevo tenere la vicenda riservata. Ho fatto una grossa stupidata, ero preoccupato per tutto, anche per il mio lavoro. Ho rovinato la vita a tante persone, alla famiglia di Marco e alla mia. Mi sento un uomo finito, la mia vita è finita”.
M.