(Adnkronos) – Una vita di interviste quella di Gianni Minà. Nato a Torino il 17 maggio del 1938 e morto oggi all’età di 84 anni, è stato un giornalista testimone del nostro tempo e protagonista di incontri memorabili: da Fidel Castro al Comandante Marcos, a Maradona fino a Muhammad Ali. Un agenda di numeri di telefono che spaziavano da Luis Sepúlveda a Robert Redford passando per Robert De Niro.
Gianni Minà ha iniziato la carriera da giornalista nel 1959 a ‘Tuttosport’ (di cui fu poi direttore dal 1996 al 1998). Nel 1960 debutta in Rai collaborando alla realizzazione dei servizi sportivi sui Giochi Olimpici di Roma. Approdato a ‘Sprint’, rotocalco sportivo diretto da Maurizio Barendson, a partire dal 1965 si occupa di documentari e inchieste per numerosi programmi, tra cui ‘Tv7’, ‘AZ, un fatto come e perché’, ‘Dribbling’, ‘Odeon. Tutto quanto fa spettacolo’ e ‘Gulliver’.
Con Renzo Arbore e Maurizio Barendson fonda ‘L’altra domenica’. Nel 1976 viene assunto al ‘Tg2’ diretto da Andrea Barbato. Nel 1981 vince il ‘Premio Saint Vincent’ in qualità di miglior giornalista televisivo dell’anno. Dopo aver collaborato con Giovanni Minoli a ‘Mixer’, debutta come conduttore di ‘Blitz’, programma di Raidue di cui è anche autore, che accoglie ospiti come Eduardo De Filippo, Federico Fellini, Jane Fonda, Enzo Ferrari, Gabriel Garcia Marquez e Muhammad Ali.
Minà ha diretto la rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo. Collaboratore per anni di quotidiani quali la Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e Manifesto, ha all’attivo numerose pubblicazioni, tra le quali: Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).
Minà ha seguito otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli storici dell’epoca di Muhammad Ali. Nel 1987 Minà diventa famoso in tutto il mondo per un’intervista di sedici ore con Fidel Castro, il presidente cubano, per un documentario da cui viene tratto un libro: il reportage intitolato ‘Fidel racconta il Che’.
In un’intervista al ‘Corriere della Sera’ Minà spiegava così l’affetto di personaggi intervistati e che erano entrati nella sua vita: “Credo sia una questione di intimità. Io ho i modi che soddisfano le relazioni umane. E quando mi dicevano no, non insistevo”. Il giornalista che ha intervistato quasi tutti, dai Beatles al Subcomandante Marcos, aveva spiegato al quotidiano che il suo rimpianto era non aver intervistato Nelson Mandela: “Mi è sfuggito Nelson Mandela. Ci eravamo messi d’accordo e mi aveva invitato in Sudafrica. Poi dovetti rinviare per tre quattro giorni e non siamo più riusciti a vederci”.