“In edilizia, in questo momento, tra gli 80 miliardi di fondi europei che attendono di essere ‘messi a terra’ e l’effetto dei diversi bonus, in teoria non c’è il rischio di licenziamenti. Anzi, mancano tra gli 80mila e i 100mila operai e tecnici specializzati. Ma abbiamo anche la necessità di formarli e di dare loro il giusto inquadramento contrattuale. E dobbiamo evitare che qualcuno strumentalizzi la situazione licenziando operai specializzati e assumendo manovali semplici per risparmiare sugli stipendi”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil.
La Fillea è pronta a cogliere l’opportunità che arriva dai tanti investimenti in campo per riqualificare il settore. “Il 70% dei nostri operai -racconta Genovesi- è ancora inquadrato come manovale semplice, assolutamente sotto inquadrato pur svolgendo mansioni superiori. E con questa situazione sarà difficile trovare, con la difficoltà e la fatica che ancora caratterizza questo lavoro, operai e tecnici specializzati disposti a farsi otto ore di cantiere a 1.100 -1200 euro netti”, sottolinea.
E quindi, per Genovesi, la ‘strada maestra’ deve essere “tanta formazione per chi già lavora nel settore e per chi vi arriva e norme per evitare il sotto inquadramento”, spiega. Così facendo, secondo Genovesi, “l’edilizia potrebbe essere uno sbocco per questi lavoratori della meccanica, della manifattura, che potrebbero perdere il posto di lavoro nei prossimi mesi. Ma dobbiamo poterli formare e dare loro il giusto inquadramento che meritano”, spiega.
Diversa dall’edilizia è la situazione nel manifatturiero, dove il rischio dei licenziamenti con la fine del blocco è più concreto, come conferma anche Genovesi. “Nel comparto del manifatturiero che rappresentiamo, quello del legno arredo, la situazione -sottolinea- è molto diversificata. Il legno arredo per la casa, divani e cucine, si sta riprendendo bene. Chi invece lavora per uffici, bar e alberghi soffre ancora tanto la crisi e non ha agganciato la ripresa, perchè vive del rimbalzo del turismo, che è ancora fermo, e risente dello smart working, con gli uffici ancora vuoti. Quindi in questa parte del comparto, che rappresenta il 20% del totale, le aziende, se libere di farlo, potrebbero decidere di licenziare i lavoratori. Per questo, per le tante situazioni diverse anche nello stesso codice Ateco, io credo che si dovrebbe allineare lo stop ai licenziamenti per tutti al 30 ottobre”, spiega.
“Sono solo tre mesi -aggiunge ancora Genovesi- con di mezzo anche agosto quando si assiste sempre a un rallentamento della produzione nelle aziende”.
E il sindacato sui licenziamenti non intende tirarsi indietro. “Il 26 giugno saremo in piazza -continua Genovesi- per ribadire il no alla fine dello stop dei licenziamenti ma soprattutto per chiedere quelle riforme strutturali, come ad esempio del fisco, necessarie per agganciare la ripresa, insieme a politiche industriali che possano creare più occupazione. Quindi non solo no alla fine dello stop dei licenziamenti, ma anche sì a più sviluppo e occupazione”.
Per Genovesi, “senza politiche industriali adeguate rischiamo di non produrre più nulla, di diventare un paese d’importazione”. “Va bene ad esempio l’alta velocità ma dobbiamo mettere in campo tutte le politiche affinchè nel nostro Paese si produca tutto ciò che serve per l’alta velocità”, ribadisce.