Quando un figlio viene alla luce non si è in possesso (purtroppo) di un “libretto di istruzioni”. Quello del genitore è un vero e proprio lavoro da svolgere giorno per giorno alla scoperta di ciò che, spesso, dimentichiamo essere un individuo indipendente, con una propria identità. A volte, accettare questa verità, può rappresentare la chiave di volta per creare con i nostri figli un rapporto aperto e piacevole da vivere.
In particolare, quando un figlio o una figlia si avvicinano al periodo dell’adolescenza, possono subentrare problemi di incomprensioni, dovuti talvolta a differenze generazionali. “Tu non puoi capire”, è la frase che più spesso i figli rivolgono ai genitori: ma è davvero così?
Se ne è parlato con Danyla De Vincentiis, Coach professionista, Parent Coach, laureata in psicologia all’interno della rubrica del venerdì “l’Angolo del Parent Coach” nella trasmissione “A Casa di Amici” su Radio Roma Tv.
Adolescenza, età critica per ragazzi e genitori: come mai?
I tempi sono cambiati e i genitori hanno un compito arduo da portare avanti, ovvero comprendere, nel senso più totale del termine, i propri figli. Fra i 12 e i 16 anni i nostri ragazzi cercano di conoscere sé stessi e ciò avviene, a volte, entrando in competizione con i genitori. In che modo possiamo aiutarli? Parlando la “loro lingua”, entrando in sintonia, cercando il modo più giusto per comunicare con loro e comprenderli. Non bisogna banalizzare la loro socialità di oggi, che è diversa dalla nostra, così come lo era quella dei nostri genitori quando noi eravamo figli adolescenti. Non dire “io alla mia età…”: sono generazioni diverse e dobbiamo cercare di comprendere le nuove necessità e le tendenze dell’epoca in cui viviamo.
Molte problematiche comunicative derivano dall’eccessivo uso dello smartphone: che ne pensa?
L’uso dello smartphone è ormai nodale per tutti noi, quindi anche per i nostri figli. È diventato lo strumento che “contiene” il mondo dei ragazzi: dai compiti per la scuola alle conversazioni con gli amici, alla musica. È la dose che fa il veleno. Se nostro figlio è attaccato allo smartphone tutto il tempo, bisogna capire perché è così e cosa facciamo noi, nella pratica, per far sì che lo lasci. Dobbiamo cercare di coinvolgerlo nella socialità della famiglia, nei momenti di convivialità, parlando delle esperienze giornaliere di ciascuno dei componenti della stessa. Non possiamo aspettarci che siano i ragazzi a venirci incontro, ma dobbiamo essere noi ad avvicinarci a loro. I primi a doverci educare all’utilizzo del cellulare siamo noi. Il nostro comportamento ricade poi inevitabilmente su quello dei nostri figli.
Quando un figlio si chiude in se stesso, come deve comportarsi un genitore?
Il fatto di chiudersi in se stesso può essere una conseguenza diretta dell’epoca che vive. Ogni situazione è diversa. Un conto è isolarsi dalla famiglia, ad esempio nella propria stanza. Un altro è isolarsi dall’esterno, ovvero dalla socialità. È un discorso molto ampio, ma in linea generale, il genitore deve osservare il proprio figlio e capire in cosa è “chiuso”, nel dialogo, nei comportamenti sociali… Bisogna apprezzare i segnali che manda, dall’abbigliamento, all’alimentazione e molto altro.