E’ un po’ la storia del cane che si morde la coda: la Russia attualmente ‘può soltanto vendere il gas’ ma, per effetto delle sanzioni, non avendo disponibilità di determinate materie, ed accesso a specifici mercati, se il gasdotto poi si rompe è ovvio che ha difficoltà a ripararlo. Un concetto abbastanza chiaro che, commentando i problemi di fornitura di gas all’Europa attraverso il Nord Stream, oggi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha spiegato molto semplicemente: ‘i problemi di approvvigionamento persisteranno fino a quando non saranno revocate alla Russia le sanzioni che impediscono la manutenzione dei gasdotti’.
Dunque, alla base della chiusura, o alla riduzione dei flussi, vi sono serie difficoltà tecniche: “I problemi di pompaggio del gas – ha affermato il portavoce, intervistato in proposito dall’agenzia di stampa Interfax – sono nati a causa delle sanzioni introdotte dai Paesi occidentali contro il nostro Paese e diverse aziende. Non ci sono altri motivi che potrebbero aver causato questo problema di pompaggio“, ha quindi tenuto a rimarcare Peskov.
Nel frattempo da Kiev, per la seconda volta, è stata lanciata una ‘singolare proposta’ (vista la situazione interna del paese, dilaniato dalla guerra): “L’esportazione di elettricità dall’Ucraina può sostituire volumi significativi di gas russo, attualmente importato in Europa“.
E’ quanto ha affermato attraverso Telegram Denys Shmyhal, primo ministro ucraino, tornando da Bruxelles, dove ha incontrato Marosh Šefčovych, il vicepresidente della Commissione europea. Secondo Shmyhal infatti, “attualmente, la capacità commerciale è di 300 MW, mentre il potenziale delle nostre esportazioni è fino a 2.000 MW. Prevediamo di aumentare il volume delle esportazioni di elettricità e saremo grati per il supporto della Commissione europea“.
Max
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