(Adnkronos) – Il pagamento del gas russo in rubli “al momento sembra un’operazione cosmetica, per noi non cambia tanto” e “per assurdo potremmo anche guadagnarci”. A spiegarlo all’Adnkronos, nel giorno in cui entra in vigore il decreto del Cremlino che impone il versamento in valuta russa verso le compagnie del gas della Federazione, è Nicola Borri, docente di Asset Pricing presso il dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Luiss Guido Carli di Roma.
Nella pratica infatti i Paesi stranieri potranno continuare a fare versamenti in euro o in dollari attraverso la Gazprombank che provvederà a cambiare la valuta in rubli e a versare i rubli alle compagnie del gas. Un passaggio che consente a Putin di affermare che i “paesi ostili” acquistano il gas in rubli e all’Europa di continuare a pagare nella valuta concordata per contratto.
“Più che una sfida o una ritorsione all’Europa, anche se sulla carta lui magari la mette in questa maniera – chiarisce Borri – io la interpreto come la soluzione a un problema domestico che Putin deve risolvere. Supponiamo – esemplifica l’esperto – che noi paghiamo in euro come abbiamo fatto fino ad ora. Paghiamo Gazprom che è una compagnia privata (anche se in Russia c’è sempre un alone di incertezza su ciò che è privato o meno), quello che potrebbe succedere se Putin inizia a perdere un po’ il controllo di questi oligarchi che controllano queste compagnie private è che, faccio per dire, Gazprom prende questi euro e non li riporta in Russia ma li tiene fuori. Se invece seguiamo lo schema che Putin sembra proporre, lui ha più controllo domestico perché a questo punto noi paghiamo sempre in euro, quindi – evidenzia – a noi non cambia niente, però materialmente l’azienda russa che riceve i soldi li riceve in rubli che sono russi e Putin può controllare meglio che questi denari poi non vengano portati fuori. Quindi lo leggo come un tentativo, anche efficace, di ampliare il suo controllo su delle risorse che rischierebbe di perdere nel caso in cui dovesse diminuire la sua capacità di controllo su determinate persone o sulle aziende”.
Del resto “Putin a seguito dell’introduzione delle sanzioni – ricorda Borri – ha già instaurato una serie di controlli di capitali domestici, cioè per dirla in maniera semplice, ha detto ai cittadini russi ‘voi non potete portare più denaro all’estero’ e quindi questa mia riflessione si innesta in un contesto in cui Putin sta già evitando il più possibile fughe di capitale e questo pagamento cosmetico in rubli lo potrebbe aiutare”.
“Dal punto di vista dell’Italia, dell’Europa e di quelli che Putin chiama Paesi ostili – sottolinea il docente – non riesco a vedere un effetto concreto, anzi per assurdo visto che i contratti sono stati scritti in euro, se il rublo si dovesse svalutare alla fine potremmo anche pagare di meno”. Dunque le proteste europee sono state sproporzionate? “Tenendo conte che la presa di posizione di Putin è presentata come una forma di sfida – rileva Borri – è giusto che la risposta europea sia anche politica. E fa bene l’Europa a mantenere i punti fermi perché questi contratti sono stati già firmati e la valuta concordata è euro o dollaro non rublo”.
L’acquisto di gas in rubli potrebbe avere un effetto positivo sulla rivalutazione della moneta russa? “Sì e no – risponde l’esperto – Il rublo come abbiamo visto è risalito quasi del tutto” rispetto alla svalutazione iniziale “per due ragioni principali legate l’una all’atra. La prima – spiega – è che a causa delle sanzioni i russi non stanno più importando nulla dall’estero e questo tende naturalmente ad aumentare il valore della valuta; la seconda è che Putin ha istaurato questi controlli di capitale strettissimi e quindi anche se un cittadino o un’impresa russa volesse vendere rubli per euro non lo può fare e questo porta su il valore della valuta. Però – chiarisce l’economista – quando un Paese cerca i difendere la valuta con questi controlli di capitale, in genere quello che succede è che si creano mercati paralleli in cui c’è un mercato ufficiale in cui c’è un valore della valuta elevato e poi un mercato reale in cui la valuta è scambiata a prezzi molto più bassi. Quindi – afferma – su questi valori che vediamo ora io non metterei la mano sul fuoco perché sono pochissime le transazioni in rubli e quindi i prezzi che vediamo non sono necessariamente informativi. Se il mercato fosse libero probabilmente il prezzo del rublo sarebbe molto più basso, quindi in un certo senso – conclude Borri – il pagamento in rubli del gas si innesta in questo mercato chiuso di controllo di capitali che tende da un lato a isolare l’economia e allo stesso tempo ad aumentare il valore della valuta ma sono politiche fragili e abbastanza di facciata che nel lungo periodo sicuramente non funzionano”.