Rincari di oltre il 500% del prezzo del gas in Europa nell’ultimo anno, “la ragione è che gli investimenti upstream, quelli a monte della filiera energetica per la creazione di nuova capacità produttiva nei giacimenti, hanno avuto due fasi di forte riduzione. La prima fu causata da un eccesso di offerta molto importante nel 2014. Allora si è passati da 850 miliardi di dollari di investimenti globali annui a 350 o 400 miliardi. In seguito gli investimenti sono stati tenuti bassi, nel timore che si ripresentasse un eccesso di offerta. Dopodiché c’è stato il Covid, che li ha abbassati ulteriormente”. Lo dice Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
Per cui, spiega, “l’offerta non è più in linea con una domanda che sta rimbalzando. L’allentarsi del Covid ha rappresentato una molla che adesso si espande e chi deve assicurare l’energia non riesce a mantenere la produzione ai ritmi necessari, per il calo degli investimenti degli scorsi anni”.
“La prova del nove che questi non sono semplicemente rincari legati a circostanze passeggere – spiega infatti – è che l’aumento di prezzi non è puntuale, non avviene in una sola regione del mondo. Non è solo nel Mare del Nord o in Europa. C’è un aumento ancora superiore in Asia. Ci sono fortissimi aumenti in Argentina, in Brasile, negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno molto gas, eppure anche lì il prezzo è più che raddoppiato. Quindi non può essere solo che nel Mare del Nord non c’è stato vento di recente e, invece di utilizzare al 15% o 18% l’energia eolica, per ora la si utilizza al 7%. Non è solo questo”. Quanto alla Russia, che limiterebbe le forniture, aggiunge: “Magari può incidere sull’Europa, ma non certo su tutto il resto del mondo”.