Il regista nel suo film racconta Lampedusa attraverso la Storia di Samuele, un dodicenne che va a scuola, ama sparare con la sua fionda e andare a caccia. Preferisce giocare sulla terraferma anche se tutto, attorno a lui, parla di mare e di quelle migliaia di donne, uomini e bambini che quel mare, negli ultimi vent’anni, hanno cercato di attraversarlo – spesso invano – alla ricerca di una vita nuova, migliore. Alla ricerca della libertà.
Rosi, già Leone d’oro a Venezia con ’Sacro G.r.a.’, ha girato la pellicola nel corso di un anno e mezzo a Lampedusa, documentando da un lato la vita sospesa di alcuni suoi abitanti e dall’altro quella drammatica dei migranti in esodo verso l’Europa.
La presidente della giuria Meryl Streep, al fianco del direttore Dieter Kosslick, legge il verdetto: “Film eccitante e originale, la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. È esattamente quel che significa arte nel modo in cui lo intende la Berlinale. Un libero racconto e immagini di verità che ci racconta quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario”.
Ricevendo l’orso d’Oro, Gianfranco Rosi ha detto: “Il mio pensiero va a tutti coloro che non sono mai arrivati a Lampedusa nel loro viaggio di speranza, e alla gente di Lampedusa che da venti trenta anni apre il suo cuore a chi arriva”.
“L’accoglienza non deve essere fatta dalle singole nazioni, ma dall’Europa. L’esempio che ieri ha dato l’Austria, che sta iniziando a chiudersi, non è un grande esempio”, aveva detto precedentemente il regista Gianfranco Rosi a Berlino, procedendo lungo il red carpet della Berlinale. “L’Italia ha fatto tantissimo – ha aggiunto – per venti anni ha fatto da sola, ora non è più il momento di agire singolarmente”.
Federica Manetto