Un incidente probatorio sulla fune, sull’impianto frenante e sulla centralina dello stesso per cercare di capire le cause della tragedia. A chiederlo al gip di Verbania Donatella Banci Buonamici è Gabriele Tadini, il capo servizio della funivia del Mottarone ai domiciliari per la tragedia in cui hanno perso la vita 14 persone, attraverso il suo legale, l’avvocato Marcello Perillo.
Dall’incidente, avvenuto in un luogo boschivo di libero accesso non solo ai soccorritori, sono “trascorsi ben 11 giorni”. “Sono entrate in diretto contatto con la carcassa della funivia e con i rottami anche persone non direttamente coinvolte con le indagini, avendo il caso una ripercussione mediatica evidente ed essendo un luogo posto all’aperto e sottoposto agli agenti atmosferici”, si legge nella richiesta in possesso dell’Adnkronos. Il difensore chiede, in particolare, la perizia sulla fune, sull’impianto frenante e sulla centralina dello stesso impianto.
La richiesta di incidente probatorio nasce “al fine di evitare l’eventuale compromissione della formazione della prova” ed è possibile, in termini di legge, perché l’accertamento, se disposto a dibattimento potrebbe determinare una sospensione superiore a 60 giorni. La prova da assumere con l’incidente probatorio è la perizia sulla fune “in particolare la tipologia e le cause del cedimento della fune traente, causa primaria della caduta della funivia”, oltre a una “perizia sull’impianto frenante e sulla centralina dello stesso, nonché sulle cause del mancato azionamento dello stesso”.
Elementi, si legge nella richiesta di tre pagine, “determinanti per pervenire alla decisione dibattimentale in quanto serviranno a definire il determinismo casuale dell’evento”. La deperibilità degli elementi e il posto in cui si trova la cabina impongono, secondo l’avvocato Perillo, di agire velocemente, senza attendere l’eventuale processo, in quanto le “modificazioni che potrebbero intervenire sulla prova da assumere determinerebbero l’impossibilità materiale di compiere l’atto stesso o ne potrebbe derivare un’alterazione tale per cui possa ritenersi pregiudicato il risultato delle operazioni”. Sulla richiesta deciderà, in tempi stretti e dopo le considerazioni della procura, il gip.
Ipotesi sostenuta dalle parole del consulente tecnico di Tadini, l’ingegnere Andrea Gruttadauria, il quale sostiene che “tale degrado, associabile a fenomeni corrosivi, implica dissoluzione chimica di tali superfici, formazione di prodotti di corrosione con conseguente modifica della morfologia delle superfici di frattura e quindi perdita di dettagli utili alla comprensione del cedimento. Questo può rendere quindi difficoltoso la determinazione delle reali cause del cedimento della fune”.