“La Convenzione quadro per il controllo del tabacco (Fctc) dell’Organizzazione mondiale della sanità”, entrata in vigore ormai una quindicina di anni fa, “non ha mantenuto le sue promesse. L’ingrediente mancante nella strategia dell’Oms è la riduzione del danno”. A parlare è Robert Beaglehole, medico esperto di sanità pubblica che proprio all’Oms è stato per anni direttore del Dipartimento malattie croniche e promozione della salute. Professore emerito dell’università di Auckland, ha fondato la Action on Smoking and Health (Ash) in Nuova Zelanda e oggi, in occasione del ‘Virtual E-Cigarette Summit Uk 2021’, mostra quale sarebbe a suo avviso un vero successo: “Un mondo senza fumo, non un mondo senza nicotina. Il nemico sono le sostanze tossiche del tabacco bruciato”, avverte.
Beaglehole accende i riflettori su un obiettivo di salute pubblica da lui ritenuto cruciale: “Ridurre morti e malattie causate in particolare dal fumo di sigaretta”. Si calcolano “8 milioni di decessi causati dal tabacco ogni anno, di cui l’80% è dovuto al fumo di sigaretta. Sono 20mila ogni singolo giorno”. E l’Oms, incalza l’esperto, “deve essere in prima linea nell’affrontare questo”. In realtà, però, qualcosa finora non ha funzionato, osserva. “Bloomberg Philanthropies ha finanziato un intervento sul tabacco (Mpower) per almeno un miliardo di dollari. Ma laddove è stato implementato pienamente, come in Nuova Zelanda e altri Paesi benestanti, i tassi di fumo sono diminuiti solo lentamente. In altri Paesi sono aumentati”, sostiene l’esperto.
Per Beaglehole ci sono tre ragioni principali per cui la Fctc non è riuscita a mantenere le sue promesse: “La morsa dell’astinenza da nicotina – elenca – il fallimento dell’Oms nell’abbracciare prodotti meno dannosi, l’attenzione al fumo giovanile a scapito del fumo fra gli adulti. L’Oms, almeno nel campo del controllo del tabacco, ha perso la sua strada. Gli obiettivi fissati sulle malattie croniche saranno raggiunti solo se gli obiettivi di riduzione del tabacco saranno rafforzati”, è la visione dell’esperto.
E perché succeda, per Beaglehole manca il tassello della riduzione del danno. “La Svezia – osserva – ne ha dimostrato il valore: qui lo ‘snus’ (tabacco per uso orale, ndr) sta rimpiazzando in maniera crescente il fumo di sigaretta”. Un altro esempio è “il Giappone, dove dispositivi che non bruciano il tabacco hanno ridotto la vendita di sigarette del 30%”. Ma “l’Oms ha scoraggiato i prodotti per la riduzione del danno da tabacco. Diversi Paesi li hanno vietati, il che li ha portati a essere premiati anche se i tassi di fumo hanno continuato ad aumentare”, dice.
L’esperto suggerisce di guardare alla “lezione che arriva dalla pandemia di Covid-19: abbiamo bisogno di una risposta globale coordinata con prove forti e indipendenti che non lasci nessuno indietro, una politica basata sulla scienza e una discussione trasparente sui rischi e il monitoraggio dei progressi”. Il successo si raggiungerà “se l’Oms e la Fctc guideranno e non ostacoleranno le strategie di riduzione del danno; se più Paesi adotteranno e raggiungeranno obiettivi di riduzione” del fumo di sigaretta; “se l’industria del tabacco passerà sempre più a prodotti per la somministrazione di nicotina meno dannosi”.
Un punto di partenza, continua Beaglehole, “è la leadership dell’Oms in questo settore”. Occorrerà “approfittare della rielezione del direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus e interrogarlo sulla sua leadership e su quella dell’organizzazione in questo campo”. Altro punto: “I Paesi progressisti” dovrebbero “lavorare insieme per riformare l’Oms e la Conferenza delle Parti (Cop, ndr), concentrarsi sull’obiettivo urgente di ridurre il fumo e le morti tra gli adulti”. Un altro passo dovrebbe essere “la promozione attiva di prodotti a danno ridotto”.
Beaglehole pone un domanda ai “negazionisti della riduzione del danno: e se vi sbagliaste? Vi chiedo di considerare questa possibilità”. Oggi “diversi Paesi ad alto reddito stanno facendo progressi nella rapida riduzione del fumo di sigaretta e molti altri stanno facendo piani ambiziosi per accelerare i progressi. In secondo luogo molti giovani in diversi Paesi non stanno più iniziando a fumare sigarette e questo è un risultato notevole. E infine una ragione di ottimismo è che abbiamo tutta un’ampia serie di prodotti per la riduzione del danno” che si possono utilizzare “per aiutare” ad abbandonare il fumo di sigaretta.
Bisognerebbe “adattarsi velocemente alle evidenze che cambiano”, suggerisce l’esperto. Cosa può ostacolare questo processo? Prova a spiegarlo Marcus Munafò, professore di psicologia biologica dell’University of Bristol, che analizza come si sia arrivati a un “dibattito così polarizzato”. “Anche gli scienziati altamente qualificati sono umani e possono essere soggetti a pregiudizi, la maggior parte dei quali inconsci, e questo influenza il modo in cui conducono una ricerca e interpretano le evidenze – analizza -. Le loro opinioni possono anche essere influenzate da strutture di incentivazione”. In teoria, “la scienza dovrebbe autocorreggersi”. Ma fra i fattori in gioco che complicano le cose, sostiene Munafò, c’è anche il cosiddetto “bias di fedeltà: la nostra fedeltà e il nostro investimento personale in un argomento modellano la nostra interpretazione delle prove”.
Occorre, a suo dire, “cercare di tenere a mente i pregiudizi che potrebbero influenzarci”, cercando di “evitare” di restare imprigionati in “‘bolle’ di chi ha opinioni simili”. E ancora “rispettare coloro che riconoscono l’incertezza. Comprendere la natura e l’impatto di questi fattori sarà importante se vogliamo formulare raccomandazioni politiche basate sull’evidenza”. “Io – conclude Beaglehole – ho parlato con epidemiologi, con fumatori, con persone” che usano prodotti per la riduzione del danno. “E sono rimasto impressionato dalle storie personali. Tutto questo mi ha portato a cambiare il mio obiettivo: un mondo libero dal fumo”.