Da una parte le evidenze scientifiche su quanto oggi i dispositivi alternativi alle sigarette tradizionali possono aiutare a smettere di fumare, riducendo il rischio per la salute, e dall’altra i pregiudizi e le diffidenze verso questo nuovo paradigma nella lotta alla dipendenza dal fumo. Questa sfida è stata al centro del quarto Scientific Summit on Tobacco Harm Reduction: Novel products, Research & Policy, evento online promosso da Scohre, International Association on Smoking Control & Harm Reduction, che ha raccolto scienziati ed esperti internazionali. Secondo gli esperti “chi non riesce a smettere di fumare non deve essere abbandonato dalle politiche sanitarie” e laddove c’è un ripetuto fallimento “l’uso di dispositivi alternativi meno nocivi avrà un effetto positivo per molti fumatori”.
“L’evidenza scientifica – secondo gli scienziati che si occupano di e-cig e riduzione del danno – è attualmente abbastanza forte da sostenere che esistono prodotti alternativi al fumo meno dannosi rispetto alla sigaretta tradizionale”, per questo “riteniamo queste evidenze sulla riduzione del danno dovrebbero essere adottate come politiche complementari a quelle su controllo del tabacco”.
Secondo Giovanni Li Volti, direttore Coehar, il Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo di Catania, “esiste un problema di fondo negli studi sulle sigarette elettroniche: la standardizzazione e armonizzazione delle ricerche internazionali su questo tema. Gli studi di replicazione sono molto difficili da realizzare, soprattutto in termini di coordinamento dei protocolli e armonizzazione delle ricerche svolte. Per la prima volta – ha ricordato Li Volti nel suo intervento – il progetto ‘Replica’, condotto presso i laboratori dell’Università di Catania, sta ‘replicando’, e quindi valutando, tutti gli studi che hanno avuto un profondo impatto sul tema dell’efficacia delle e-cig. Ad oggi i risultati emersi dicono che non esistono più dubbi: le sigarette elettroniche sono più del 95% meno dannose delle normali bionde”.
“La difficoltà principale negli studi sui prodotti a rischio ridotto proviene dalle innumerevoli variabili che entrano in gioco quando si cerca di quantificare scientificamente la citotossicità e gli effetti dell’esposizione del vapore prodotto dalle sigarette elettroniche nei polmoni – ha osserva nel suo intervento Massimo Caruso, ricercatore in Biochimica del Cohear co-project leader di ‘Replica’ – Sebbene le difficoltà di laboratorio siano tante, al Coehar abbiamo dimostrato, con due studi già pubblicati su questo tema, che per i fumatori il passaggio alle e-cig riesce a ridurre i danni anche sullo stato di salute polmonare”.
Un tasto più volte battuto è stato quello che l’aumento “delle prove scientifiche, compresa la verifica indipendente dei dati che arrivano dalle aziende, una maggiore consapevolezza a tutti i livelli, la diffusione degli ultimi dati scientifici, sia un passo cruciale per aiutare davvero i fumatori a smettere e raggiungere gli obiettivi del Beating Cancer Plan objectives”.