“In Italia degli 11,5 milioni di tabagisti appena 8mila fumatori, quindi lo 0,01%, si rivolgono ai 268 Centri anti fumo (Caf) censiti dall’Istituto superiore di sanità. Di questi riesce a smettere di fumare circa il 33-35%. Ciò significa che su 10 persone che si rivolgono ai Centri almeno 6-7 riprenderanno a fumare. A questi, in caso di incertezza o fallimento, occorre offrire una seconda possibilità: il fumo elettronico e digitale, un modo di inalare nicotina cercando di ridurre al minimo gli effetti della tossicità da combustione. Sia chiaro, questi prodotti sono una seconda linea, che non è una linea definitiva di cessazione dalla dipendenza dalla nicotina ma una scelta di riduzione del rischio, quindi una forma di prevenzione parziale”. Così Fabio Beatrice, fondatore del Centro Anti Fumo dell’ospedale San Giovanni di Torino, docente all’Università degli Studi di Torino, intervenendo questa mattina ai lavori della sessione “Prevenzione cardiovascolare – abitudine al fumo” della XVIII edizione del congresso “Roma Cuore”, evento promosso con il patrocinio dell’Università Sapienza di Roma, l’Università di Roma Tor Vergata, dell’Università Magna Grecia di Catanzaro e dell’Aou Policlinico Umberto I.
“Offrire un prodotto a minor rischio, perché il fumo sano non esisterà mai – ha sottolineato Beatrice – è un aiuto che consente loro di effettuare altri cambiamenti. La riduzione del rischio si conferma uno strumento di aiuto in caso di resistenza alla cessazione dal tabagismo”.
Secondo Beatrice, a differenza del Regno Unito “dove è stata fatta chiarezza sull’importante riduzione del rischio del fumo elettronico al punto che il fumo elettronico è considerato misura di sanità pubblica”, in Italia “nonostante ogni anno muoiano circa 83mila persone per patologie legate al fumo, ci sono della posizione di chiusura verso il fumo digitale – sostiene l’esperto -. Bisogna spiegare che non esisterà mai un fumo sano ma che esiste, invece, la possibilità per i fumatori che non riescono a smettere di ridurre notevolmente la tossicità da combustione. Questo è un piccolo ma importante cambiamento in direzione della salute”.
“Ostacolare un cambiamento nel fumatore che non riesce a smettere prosegue – vuol dire solo mantenerlo nella situazione di consumo del fumo combusto e dal momento in cui si continua a morire a causa del fumo, una posizione di totale chiusura non è né attenta né intelligente rispetto ai tanti tabagisti che sono in difficoltà”.
Il ministero della Salute della Gran Bretagna “dal 2014 – ancora Beatrice – ha dimostrato di avere un grande interesse per la sigaretta elettronica: ha prodotto varie ricerche e considera, a mio modo di vedere correttamente, la sigaretta elettronica come uno strumento di aiuto per il fumatore resistente alla cessazione. In questo modo il fumatore inala nicotina conservando la gestualità. Quindi l’apertura del governo inglese testimonia l’efficacia, in termini di aiuto, di questi prodotti per i fumatori resistenti alla cessazione”.
Resta il fatto che i morti per tabagismo sono una emergenza e che le attuali proposte scientifiche non hanno una strategia destinata all’aiuto dei fumatori resistenti alla cessazione. Da qui il messaggio dell’esperto: “Fumare elettronico non è smettere di fumare: è ridurre in maniera importante i danni della combustione del tabacco combusto” conclude Beatrice.