(Adnkronos) – “L’Italia per noi è stato un Paese pioniere, perché è stato fra i primi in cui Philip Morris ha testato Iqos”, prodotto a tabacco riscaldato. “Siamo partiti con Milano e Nagoya” in Giappone. “E all’inizio l’adozione era più lenta che a Nagoya, però col tempo in realtà l’Italia ha avuto una crescita significativa. Adesso siamo a percentuali sopra il 20% di ‘Iqos users’ in alcune città chiave fra cui Roma e Milano. Quindi in realtà sta andando molto bene e c’è sicuramente una crescita dei fumatori che passano ad Iqos, abbandonando le sigarette tradizionali. Questo è un Paese che ha avuto anche una certa adozione delle sigarette elettroniche, quindi è ben posizionato. Adesso auspichiamo che col tempo ci siano più campagne di informazione come succede in Nuova Zelanda, e nel Regno unito, per fare in modo che questo buon inizio si trasformi in un’accelerazione che ci porti veramente a pensare alle sigarette come a un pezzo da museo”. A spiegarlo è stato Tommaso Di Giovanni, Vice President International Communications di Philip Morris International.
In occasione della quinta edizione di ‘Technovation’, un evento promosso dall’azienda nel suo centro di ricerca e sviluppo ‘The Cube’, a Neuchatel in Svizzera, per un confronto sul ruolo che l’innovazione, la tecnologia e la ricerca scientifica possono svolgere per la sostituzione delle sigarette a cui lavora Pmi, Di Giovanni ha spiegato che l’Italia può essere fra i Paesi che in un arco temporale di 10-15 anni potrebbero vedere le sigarette tradizionali rimpiazzate da prodotti senza combustione. Ma “serve anche qui la convergenza di tutti coloro che hanno un ruolo da giocare – ha avvertito – I fumatori devono capire che la cosa migliore che possono fare è smettere del tutto ma, se non smettono, dovrebbero considerare le alternative senza fumo”.
Al momento le grandi metropoli tricolore, Milano e Roma, si distinguono per punte nelle quote di chi fa ‘switch’: oltre un fumatore su 5 usa Iqos, secondo i dati diffusi. Nel Paese il nuovo Governo si è insediato da poco. Ed “è troppo presto per dire cosa ci aspettiamo adesso” dal nuovo corso, ha continuato Di Giovanni rispondendo a una domanda al riguardo. “Noi continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto, cioè cercare il dialogo con tutti coloro che hanno un ruolo da giocare nel cambiamento. Auspichiamo che ci sia stabilità e una situazione che favorisca gli investimenti e che potenzialmente si dia l’informazione corretta ai fumatori in modo che possano decidere di cambiare. Per noi la cosa più importante è questa: stabilità e nel futuro che ci sia una crescita nella capacità di informare i fumatori per fare in modo che passino dalla sigaretta che è un prodotto che fa chiaramente male a dei prodotti che secondo noi sono sostanzialmente diversi”.
Di Giovanni parla di “dialogo costruttivo, basato sui fatti e sulla scienza, per migliorare la situazione di coloro che fumano e quindi anche della salute pubblica. C’è scetticismo, è vero, da parte di alcuni – ha ammesso – Ma c’è anche un tema di mancanza di informazione. Se si vedono i dati sull’opinione pubblica, la gente pensa ancora che sia la nicotina nello specifico a causare le malattie legate al fumo. Dati delle autorità di salute pubblica di Paesi come Francia, Regno Unito, Usa ci dicono che c’è molta confusione. In Uk, Public Health England nel suo ultimo rapporto segnala che questo è l’ostacolo maggiore al cambiamento”.
Quanto alle relazioni con le autorità, per Di Giovanni “sono migliorate molto da quando abbiamo cominciato a lavorare ai prodotti alternativi. Prova ne è il fatto che oggi ci sono fra i 15 e i 20 Paesi in cui le autorità hanno aggiornato le proprie normative per cogliere le opportunità fornite dallo sviluppo tecnologico. E questo va in direzione diversa rispetto a ciò che osserviamo per quanto riguarda la Convenzione quadro sul controllo del tabacco”, che si sviluppa nell’alveo dell’Organizzazione mondiale della sanità, “che tende a prendere una posizione piuttosto ideologica: tutto va proibito e forse si dà troppo rilievo ai rischi potenziali senza vedere le opportunità per la salute pubblica. Noi continueremo a dialogare e a fare in modo che la scienza sia discussa. E auspichiamo che quando ci sono questioni serie sull’adozione di questi prodotti senza fumo vengano date risposte basate sull’evidenza e sul pragmatismo”.
Oggi “ci sono quasi 20 milioni di fumatori che hanno adottato Iqos, cifra che non prende in considerazione la Russia e l’Ucraina (eliminate dai nostri risultati finanziari a causa della volatilità dell’ambiente)”. Di questi oltre 2,5 mln in Italia. “Ma il dato più interessante sono i 13,5 mln di fumatori che hanno abbandonato del tutto le sigarette – ha evidenziato Di Giovanni – Cioè il 70% di coloro che adottano il prodotto ‘smoke free’ abbandona le sigarette. E questo per noi è importante perché i benefici si vedono soprattutto in questa circostanza, quando si lasciano le sigarette”.
Sul fronte dell’industria, dunque, una parola chiave è riduzione del danno. “Un’opportunità per reinventarsi”, secondo un editoriale pubblicato su ‘Jama’ da due scienziati Usa, Howard Koh dell’Harvard TH Chan School of Public Health e Michael Fiore dell’University of Wisconsin-Madison Center for Tobacco Research and Intervention. Questa strada, ricordano, si illumina quando nel 1976 “il dottor Michael Russell osservò che ‘le persone fumano per la nicotina ma muoiono per il catrame'”. Gli autori evidenziano il ruolo che l’industria può avere e la richiamano all’impegno. Le aziende, è il messaggio, hanno “il potere unico di portare avanti gli obiettivi dichiarati di riduzione del danno e di un futuro senza fumo”.
“Crediamo che tutte le parti interessate, nonostante le differenze, possano unirsi dietro 3 principi principali – concludono i ricercatori – svalutare sigarette e prodotti a combustione; sostenere un futuro in cui i farmaci per smettere di fumare e i prodotti a danno ridotto autorizzati dalla Fda aiutino i fumatori adulti a smettere di usare tutti i prodotti del tabacco o a spostare il continuum del rischio verso forme sostanzialmente meno dannose di somministrazione di nicotina; e proteggere bambini, adolescenti e giovani adulti dalla dipendenza e dall’esposizione al tabacco”.