L’autospensione di Carlo Fidanza da Fratelli d’Italia “è un atto dovuto che penso gli faccia onore. Avvieremo le procedure per valutare quello che accaduto” ma “non possiamo agire come i tribuni del popolo. Giorgia Meloni ha chiesto di vedere tutto il filmato. Non sarebbe la prima volta che una serie di montaggi un po’ tendenziosi deformano la realtà”. Lo afferma Fabio Rampelli, deputato di Fdi e vicepresidente della Camera, che in una intervista alla “Repubblica” affronta i contenuti e le conseguenze dell’inchiesta di “Fanpage” sui fondi neri e le nostalgie del ventennio, che hanno investito il capo delegazione di Fdi al Parlamento europeo.
“È chiaro – aggiunge Rampelli – che se dovesse esser confermato quel che abbiamo visto a ‘Piazzapulita’ agiremo. Noi non abbiamo mai avuto a che fare con nazisti, razzisti, li abbiamo sempre cacciati a pedate (…) Conosco Fidanza e sono trasecolato. È un ragazzo che non ha mai avuto derive di questo tipo”. Rampelli sostiene che i fatti vanno acclarati e che occorre vedere le 100 ore di registrazioni video messe insieme nell’inchiesta di “Fanpage”.
“È come un messaggio su WhatsApp. Se vedi solo un ‘vaffa’ e non quello che c’è stato prima o dopo non capisci che magari era uno scherzo. Non riusciamo a diventare un Paese normale, è più forte di noi”. Il vice presidente della Camera non esclude che circolino “polpette avvelenate. Penso non sia giusto tirarle fuori così, a pochi giorni dal voto”.
Quindi, potrebbe essere un complotto? “Il sospetto è legittimo”, ribatte Rampelli. “Se quello che viene evocato dovesse essere confermato dalla visione delle cento ore di girato mi pare evidente ci sia incompatibilità. Ma a due giorni dal voto è difficile dimostrarlo. Credo ci sia un desiderio di fermare una crescita di Fdi scritta nelle stelle. C’è un desiderio di centrodestra e Meloni è ritenuta leader affidabile”.
“C’è un grande desiderio da parte nostra di scrollarci di dosso pagine sanguinose della prima e della seconda guerra mondiale. Vogliamo creare un perimetro dove gli italiani si possano riconoscere e invece pare che qui ci si voglia mettere sempre l’un contro l’altro armati. Accade solo da noi o in qualche Paese africano devastato da guerre tribali”, conclude Rampelli.