“Recchioni era accanto a me, morì tra le mie braccia. Prima venne colpito da un lacrimogeno, quando si rialzò fu ucciso da un proiettile al volto. Agli slogan gridati alla manifestazione risposero con i proiettili. I ragazzi di destra che erano lì, non spararono né tirarono sassi. Invece che cercare chi aveva ammazzato quei poveretti, lo Stato stava lì alla manifestazione. Non hanno saputo gestire la situazione e c’è stata la tragedia di Stefano, colpito non da un provocatore come dice qualcuno, ma da qualcuno che doveva controllare la piazza e ha sparato“.
Avvicinata dall’agenzia di stampa AdnKronos, Francesca Mambro, ex esponente dei Nar, in occasione dell’anniversario (era il 7 gennaio del 1978), ricorda la ‘strage di Acca Larenzia‘ quando, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta (del Fronte della Gioventù), vennero uccisi davanti alla sede romana dell’allora Msi. Un duplice omicidio al quale seguì subito, per l’appunto, la morte di Stefano Recchioni, colpito nell’ambito della manifestazione di protesta che ne seguì.
Morti ancora oggi non ‘risolte’ eppure, aggiunge la Mambro, “Gli elementi per riaprire le indagini c’erano tutti, non so perché non abbiano perseguito la strada dell’arma utilizzata per Acca Larenzia, la mitraglietta che ha sparato anche in altre occasioni. Potevano benissimo cercare un filo conduttore. Il problema è che non hanno mai chiesto chi poteva aver sparato perché non era ritenuto interessante, non premeva che si sapesse. Quanti morti di destra ci sono stati senza che siano stati individuati i colpevoli? Solo a Roma la strage di Acca Larenzia, Francesco Cecchin, Angelo Mancia e altri. Le indagini sui morti di destra sono state aperte e richiuse senza che si arrivasse a nulla. Evidentemente ‘uccidere un fascista non è reato’ ma non è neanche perseguibile”.
“Questi per qualcuno sono morti di serie Z”
Forse per questo ancora oggi, benché siano passati 42 anni (ed il clima fortunatamente è totalmente mutato), quello con Acca Larenzia è un anniversario che continua a rinnovarsi di anno in anno: “Se ci deve essere una memoria in questo Paese – aggiunge l’ex Nar – non è che si possono scartare dei morti. Quello che è successo dopo, i cosiddetti anni di piombo, a destra nascono dal fatto che non c’è stata mai la volontà di dare una risposta di giustizia a questi morti. Senza voler trovare delle scuse o delle attenuanti, quelle sono cose che hanno segnato tantissimo, almeno per quanto riguarda la mia scelta drammatica. Ci sono morti di serie A e di serie B – osserva quindi amareggiata la Mambro – Questi sono morti di serie Z, questi non li pensa nessuno ma la verità è che se non c’è giustizia non c’è pace, quindi non ci si può meravigliare se dopo tanti anni ancora ci sono cortei, manifestazioni. Perché su questa storia non c’è verità”.
Max