Non è un caso unico, né sporadico, e neppure inatteso. Il recente cedimento sulla Pontina di un Ponte al chilometro 95 e 600 nel comune di Terracina è l’ennesimo caso di frana in un’area, quella della Pontina, letteralmente martoriata.
Un lungo excurus di cedimenti e ponti pericolanti: nel 2018, presso lo vincolo per San Vito, sulla Pontina si aprì un voragine che inghiottì un’auto con a bordo due persone. Al chilometro 95 e 200 fu notato lo sgretolamento parziale della strada e i tecnici dell’Astral indicarono la necessità di una demolizione e ricostruzione della struttura.
Ora, a venire giù sono i ponti in prossimità dell’attraversamento di canali di irrigazione che tagliano l’arteria stradale: ora chiusa per lavori di demolizione, pulizia del canale, ricostruzione del “solettone” di cemento e infine l’asfaltatura per un milione e mezzo di euro a carico di Anbas. Tempi di riapertura 30 giorni: sarà così? Tremano le aziende del territorio scottate dagli eventi del 2018 quando la chiusura isolò l’area circa 6 mesi causando ingenti perdite, tremano. Ma perchè i cedimenti?
Il solo ammaloramento di strutture anni ’60 non bastano a spiegarli. Il deterioramento dei ponti sarebbe anche conseguenza dell’accresciuta viabilità dei mezzi pesanti, della pressione dell’acqua piovana e dell’efficacia originale e strutturale dei ponti. Dei sette sui cui poggia la Pontina tra i comuni di Sabaudia e Terracina, dati per sicuri, 4 preoccupano per condizioni critiche e sono monitorati, specie in prossimità della Migliara 56. Preoccupati sindaci, imprenditori e cittadini dell’area: a cedere, non sono solo i ponti, ma un’intera struttura sociale.