(Adnkronos) – Negli ultimi mesi era il suo chiodo fisso. Fino all’ultimo, dal letto del San Raffaele, Silvio Berlusconi ha lavorato alla riorganizzazione di Forza Italia, la sua creatura politica. Appunti su appunti. Raccontano, addirittura, di un documento dove aveva disegnato nel dettaglio i nuovi assetti del partito da lui fondato nel ’94. Con l’idea di un triumvirato per macro-Regioni formato da tre ‘vice’ di Antonio Tajani, attuale coordinatore nazionale, reggente in pectore e naturale candidato alla successione del Cav.
Un’ipotesi che di solito circolava nei retroscena giornalistici sulla leadership del centrodestra quando l’ex premier, sempre più alle prese con acciacchi fisici, veniva dato ormai vicino al ‘ritiro’ e che stavolta è lui stesso ad aver tirato fuori. Se non una vera e propria rivoluzione interna, quasi. Che sarebbe stata congelata a causa della morte del ‘Dottore’, come lo chiamavano i fedelissimi, il 12 giugno scorso. Nulla aveva a che vedere con il cambio del tesoriere, il manager Fininvest ed ex senatore Alfredo Messina, sostituito al Comitato di presidenza di giovedì scorso (il primo del ‘dopo-Silvio’) con un altro nome gradito alle aziende e alla famiglia del Cav, l’avvocato romano Fabio Roscioli, attuale presidente liquidatore della Pdl.
Un avvicendamento, assicurano qualificate fonti azzurre, previsto da tempo, molto prima dell’ultimo pit stop all’ospedale milanese. Quasi un atto dovuto, insomma, visto che Messina era un commissario, ovvero un guardiano dei conti pro tempore.
Berlusconi aveva in mente un piano di riordino preciso in vista delle europee. Immaginava di affiancare a Tajani tre super coordinatori, uno al Nord, uno al Centro e l’altro al Sud. L’ex premier pensava per questa sorta di trimurti in un primo momento ai governatori, considerati la figura più adatta per presidiare e rappresentare il territorio. Poi sono girati altri nomi di dirigenti forzisti, sempre nel rispetto degli equilibri interni e delle diverse anime del partito.
Per fare un esempio, spiega chi si è occupato del dossier sui cambi della struttura di partito, Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, veniva dato in pole per il Meridione; Alberto Cirio, alla guida del Piemonte, in corsa per il Nord e per il Centro girava la candidatura del tajaniano Raffaele Nevi, vicepresidente vicario del gruppo alla Camera, dato in lizza pure come responsabile comunicazione del partito (mentre la casella di ‘capo’ della comunicazione del presidente era stata affidata a Danila Subranni). Raccontano che il Cav abbia chiamato Nevi qualche giorno prima della sua scomparsa per informarlo del nuovo incarico. ‘Presidente la ringrazio, non so se sono all’altezza’, avrebbe detto dall’altro capo del telefono Nevi, apprende l’Adnrkonos. Subito rassicurato dal leader azzurro: ‘Non ti preoccupare, ti aiuto io…”.
A bloccare il lancio del triumvirato, riferiscono, anche il caso Cattaneo. L’ex capogruppo alla Camera , ‘spodestato’ dopo l’affermazione dell’ala governista forzista rispetto a quella filo-ronzulliana e più vicino alla Lega, ma ‘compensato’ con l’incarico di vice coordinatore nazionale con delega alla organizzazione di Fi, avrebbe chiesto di essere risarcito e circolava la voce di una sua nomina a vice di Tajani al Nord. A quel punto, tutta l’operazione avrebbe subito un rallentamento. Anche perché andava risolto un altro nodo: per completezza, infatti, oltre a Cattaneo, Tajani ha un altro vice, esattamente dal febbraio 2021, e si tratta dell’attuale ministro dell’Università, Anna Maria Bernini. Che fine avrebbe fatto nello schema della trimurti di vice?
Non a caso, dopo la morte di Berlusconi si scommetteva -per fermare la diaspora e tutelare il governo Meloni da fisiologiche tensioni- sulla creazione di un direttorio, da affiancare a Tajani ed espressione delle varie anime interne,con dentro i due vicecoordinatori nazionali Cattaneo e Bernini, i capigruppo Paolo Barelli e Licia Ronzulli, il capo delegazione all’Europarlamento, Fulvio Martusciello. Il progetto di riassetto messo a punto dall’ex premier prevedeva anche il rinnovo di circa il 90 per cento degli attuali responsabili di settore e di Dipartimento di Fi. La griglia coi nomi, riferiscono, era sostanzialmente pronta: del resto, molti delle caselle sono ormai ex parlamentari (tra questi vari esclusi eccellenti alle ultime politiche). Nel ‘pacchetto’ era compreso pure il cambio di alcuni coordinatori regionali.
Nessun ruolo era previsto, nel documento, per Marta Fascina, compagna da oltre due anni del Cavaliere e deputata sempre più in ascesa nel partito da quando era diventata presenza fissa ad Arcore con il placet della famiglia dell’ex premier. Ora, però, con la scomparsa del leader, lo scenario potrebbe cambiare e tra gli azzurri sembra ci sia agitazione per la sua possibile posizione. I parlamentari più vicini a lei ritengono che debba avere il ruolo di garante del lavoro fatto da Berlusconi fino ad ora. La pensa diversamente, invece, chi considera Fascina solo la compagna del presidente, che peraltro è già impegnata nel partito come deputato e certamente avrà un lascito ereditario non da poco dal Cav.
Paolo Barelli, capogruppo alla Camera di Fi, getta acqua sul fuoco: “Non c’è davvero nulla da chiarire, Fascina è una deputata, gode della stima e della fiducia di tutti ed è stata l’amata compagna del presidente Berlusconi fino agli ultimi attimi della sua vita terrena. Oggi rispettiamo tutti il suo dolore e sarà Marta stessa, a tempo debito, a dirci le sue decisioni sull’impegno da destinare al partito”.