Più della metà delle aziende, il 54% per l’esattezza, si dice certa di utilizzare lo smart working non soltanto durante questa lunga fase di emergenza sanitaria, ma anche dopo, in misura permanente. Non solo: l’aumentata capacità di innovazione delle aziende, grazie alla formazione, ha potuto sostenere in smart working e contemporaneamente il 56% dei suoi lavoratori. E, ancora, il lavoro agile fa bene anche all’ambiente: i minori spostamenti possono contribuire a ridurre le emissioni di anidride carbonica di circa 300 chili a persona l’anno, consentendo a ciascuno un risparmio di oltre mille euro. Sono i dati di maggior rilievo di una ricerca di Fondirigenti, il più importante Fondo interprofessionale per la formazione dei manager, promosso da Confindustria e Federmanager.
A distanza di pochi mesi dalla sua prima indagine sul lavoro agile, Fondirigenti è tornato a sondare – tra le sue 14.000 imprese aderenti – un tema cruciale per il nostro futuro, con la ‘Quick survey Smart working 2.0’, ottenendo 1.500 risposte (quasi il doppio rispetto alla precedente rilevazione) al questionario online da parte di imprenditori, manager, funzionari, quadri e impiegati. Il campione è costituito al 74% da aziende del Nord, al 18% del Centro e al restante 8% del Sud, con una dimensione organizzativa per il 63% di pmi e per il 37% di grandi imprese.
Cresce la preparazione delle imprese per questa modalità di lavoro e aumenta il gradimento degli interessati. Nel disegnare la settimana lavorativa ideale, l’opinione prevalente è che si dovrebbe fare a metà: 2,6 giorni in presenza e 2,4 a distanza. Se le aziende si sono attrezzate, il merito è anche di Fondirigenti: “Abbiamo investito nella formazione manageriale, aumentando del 70% i progetti dedicati alla Fad rispetto a undici mesi fa – afferma Costanza Patti, che del Fondo è il direttore generale – e i risultati dimostrano che la readiness aziendale in meno di un anno è salita del 16%, portandosi al 56%”.
Il Covid-19 è stato un acceleratore per il lavoro a distanza: prima dell’emergenza sanitaria vi faceva ricorso soltanto il 13% delle imprese, mentre oggi soltanto il 4% non lo ha mai sperimentato. Le più propense a utilizzarlo anche in tempi post emergenziali saranno le cooperative (l’86% delle stesse), seguite da enti no profit (85%) e dalle aziende di beni e servizi (58%). Questa modalità sarà più diffusa nei servizi, meno in quelle manifatturiere coinvolte più spesso nelle filiere produttive dei beni necessari, per i quali sono indispensabili attività in presenza. Il Centro è l’area territoriale caratterizzata dal maggior numero di lavoratori coinvolti dallo smart working (attualmente il 54,8%, ma durante il primo lockdown erano arrivati al 67,1%) al secondo posto il Nord (47,2 % dei lavoratori) e infine il Sud, che al momento si assesta al 43,1%.
Quanto si sente soddisfatto chi pratica il lavoro agile? Nella scala da 1 (molto poco) a 5 (moltissimo), il dato medio è più che incoraggiante: 3,79, con una punta massima per gli imprenditori (4) seguiti da impiegati e funzionari (3,85). I più presenti in ufficio sono i dirigenti (per i quali il lavoro agile si attesta al 40,11% del tempo dedicato). E quali sono gli aspetti più positivi del lavoro da casa? Il primo è l’equilibrio con la vita privata, a cui in media viene dato il voto 3,91 su 5, seguono la gestione e flessibilità del tempo (3,72), il livello di concentrazione (3,48), la produttività individuale (3,44) e il raggiungimento degli obiettivi (3,32). Più in generale, gli impiegati attribuiscono maggiori effetti positivi alla qualità del lavoro in smart working rispetto ai manager, che in media si attestano su un punteggio di 3,1 su 5.
Per un’analisi completa, non vanno però sottaciuti gli aspetti considerati problematici di quest’esperienza ancora in fase di transizione. Attribuendo sempre un voto da 1 a 5, dove stavolta 1 vuol dire ‘non critico’, e 5 ‘molto critico’, la mancanza di rapporti sociali ottiene in media un 3,76, e l’impossibilità di interagire fisicamente con il proprio gruppo di lavoro 3,6. Anche per questo la settimana ideale andrebbe spezzata in due. Non vanno sottovalutati nemmeno alcuni problemi tecnico-logistici, come i problemi di connessione (3,19) gli spazi limitati a disposizione (3,09) e l’assenza di infrastrutture e strumenti idonei al lavoro da casa (3,05). I manager si trovano, poi, d’accordo sul rischio di un ricorso eccessivo a videoconferenze, sull’alienazione del lavoro, e sull’operare senza limiti orari. Ben venga, infine, la formazione online (3,5 su 5), su cui Fondirigenti ha opportunamente investito forti risorse, ma quella in presenza resta la più apprezzata, con un punteggio di 4,4 su 5.