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    Fondatore Open Arms: “Profughi afghani già nel 2005, ma non andavano di moda”

    “I profughi afghani? C’erano già nel 2005. C’erano migliaia di profughi afghani che temevano la rappresaglia dei talebani, e tentavano di scappare e di approdare a lidi più sicuri, ma in quel caso venivano rimandati a casa perché non si consideravano realmente minacciati. All’epoca, andavano più di moda i siriani”. A dirlo all’Adnkronos è Oscar Camps, il fondatore di Open Arms, a Roma in occasione della presentazione del film che porta il nome dell’Ong che ha fondato e che racconta la storia della nascita di Open Arms.  

    “Se continuiamo a manipolare l’informazione, non andremo mai avanti -affonda l’attivista- I profughi ci sono sempre stati, e sempre ci saranno questi flussi migratori finché ci saranno guerre, differenze di status e lotte di potere”. Camps è ospite alla Festa di Roma per presentare la pellicola ‘Open Arms’, in Selezione Ufficiale, che racconta, diretta dal regista spagnolo Marcel Barrena, la storia del fondatore di Open Arms, organizzazione che per prima si è occupata di proteggere in mare le persone che cercano di raggiungere l’Europa. “Un film che racconta la storia della nascita di Open Arms e anche parte della mia vita? Benvenga, se questo può aiutare, può far pendere l’ago della bilancia verso il bene e sensibilizzare sul problema dei migranti”, dice l’attivista. 

    “La cosa importante per me -dice Camps- era sapere con quale etica lo avrebbero raccontato, se ci sarebbe stata delicatezza e rispetto dell’essere umano. Rispetto al racconto della mia storia ma anche del momento piccolo di vita dei profughi. E questo rispetto c’è stato. I profughi hanno potuto lavorare come comparse e raccontare qualcosa di loro”. Il fondatore dell’Ong si schermisce: “Non sono importante io, ma la storia. La mia vita è normale, io ho 4 figli, e tre sono seccati perché non compaiono nella pellicola mentre uno si loro sì”, scherza. 

    “Abbiamo fatto un lavoro di preparazione prima, e ci siamo rivolti ad uno psichiatra perché molti di loro avevano perso i loro cari, erano sotto trauma”, spiega all’Adnkronos il regista della pellicola Barrena. Che racconta un aneddoto toccante: “Durante la lavorazione, c’era una bambina in acqua che doveva simulare una situazione di emergenza. Vedendola piangere a dirotto, e ricordandomi di quello che mi aveva detto lo psichiatra cioè di fare attenzione, ho ordinato immediatamente che si fermasse la registrazione. Mi sono buttato in acqua, l’ho raggiunta e ho cercato di calmarla, chiedendole se andasse tutto bene. Lei mi ha guardato, e mi ha chiesto: Non lo sto facendo bene? Mi ha commosso, si stava impegnando al massimo e ci teneva tantissimo a far capire cosa avessero vissuto”.