Il primo segnale confortante rispetto alla situazione Covid nel Paese, è legato a quanto emerso dal Cdm di ieri, a termine del quale è stato annunciato che dal 1 febbraio cambieranno molte cose e che, addirittura, ci si avvierà alla cancellazione dell’obbligo di mascherina all’aperto.
Una situazione che di fatto, concorre anche alla cessazione dello stato di emergenza, la cui scadenza è fissata per il 31 gennaio.
Ed il fatto che, ‘se’ le cose continueranno ad andare così, difficilmente il governo dovrebbe prorogarlo, viene in parte confermato anche da un personaggio in questo autorevole, essendo un membro interno al Cts, come Fabrizio Pregliasco. “I dati di oggi – spiega infatti il virologo milanese – ci possono confortare in questo senso ed è anche una decisione che ha un aspetto simbolico”.
Secondo il docente della Statale di Milano, non prorogare oltre il 31 marzo lo stato di emergenza è una scelta “che però non deve far abbassare la guardia perché questo virus rimarrà tra di noi e non dobbiamo considerare solo il fatto che, diventando endemico, non rappresenta un problema perché l’andamento endemico vuol dire giocare con una presenza continua del virus. E ovviamente rimane sempre la spada di Damocle di una nuova variante”.
Dunque, rimarca l’esperto, “La fine dello stato di emergenza è una speranza, io credo che vada vista in questo senso. L’Italia rispetto ad altre nazioni sta tenendo un approccio di prudenza aprendo i rubinetti dei contatti in modo progressivo. Quindi vedremo come vanno le cose. Ad oggi la situazione è oggettivamente migliore, abbiamo l’Rt sotto 1 e tutta una serie di bei segnali che possono confortarci. il virus però ci ha insegnato che c’è sempre la fregatura dietro la porta e bisogna essere flessibili per affrontare la problematica. Quando sono state fatte previsioni sul lungo termine non sono state rispettate”.
Oggi, osserva il virologo, ”Alla luce della lezione subita e imparata, credo sia necessario un aggiornamento del piano pandemico con aspetti oggettivi previsti o prevedibili a fronte di un’altra emergenza o di colpi di coda di questo coronavirus. Nel passato si era detto ‘non c’era il piano pandemico aggiornato’, ma all’epoca non avevamo l’esperienza di quello che abbiamo subito e di tutti gli effetti. Ecco – suggerisce Pregliasco concludendo – studiamoli in quest’ottica sapendo che possiamo prepararci con step di potenziale reazione e attiviamoci perché alcuni aspetti positivi dello stato di emergenza come la flessibilità rispetto ad alcune azioni possano rimanere, però inquadrate a questo punto in un contesto più di operatività“.
Max