Fine del patto del Nazareno – di Caterina Onofri
Il patto del Nazareno si è rotto. A decretarne la fine è il comitato ristretto del partito del Cavaliere, che è stato convocato di notte, in seguito ad uno scontro faccia a faccia tra Fitto, Berlusconi e Verdini. In quella circostanza, Renato Brunetta fu il primo a consegnare le dimissioni, poi respinte dal Cavaliere. Ma a riferire pubblicamente la rottura del patto, è stato il consigliere Giovanni Toti, spiegando come Forza Italia non si senta più partecipe nel cammino per le riforme. Laccordo prevedeva inoltre, che si scegliessero i rappresentanti delle istituzioni, ma questo non avvenne nella circostanza della candidatura del presidente della Repubblica.
Ma la risposta del Pd, in particolar modo del vice segretario Debora Seracchiani, del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti e il ministro Boschi, è stata positiva. Tutti ritengono che arrivare al 2018 senza Brunetta e Berlusconi sia meglio. Ma questo scontro ha avuto ripercussioni in Parlamento. Ci sono da decidere i tempi per il voto a Montecitorio sulle riforme costituzionali e la capigruppo decide che l’Aula voterà da martedì a sabato. “Tempi e modi irragionevoli, inaccettabili e ai limiti della democrazia. Così si violenta il Parlamento” tuona Renato Brunetta, capogruppo FI che fa notare come la discussione sulle riforme blocca provvedimenti molto attesi dal Paese, dal Milleproroghe al decreto Ilva, dalle banche popolari alla responsabilità civile dei magistrati, e tutto ciò “a causa dell’egemonismo di Renzi”.Queste dichiarazioni dovrebbero mettere in guardia Renzi, in quanto ci saranno problemi per il prosieguo delle riforme, e il PD dovrebbe fare i conti anche con la sua minoranza. Ad esempio, il deputato della minoranza PD Gianni Cuperlo, dichiara Spero che adesso il Parlamento possa discutere nel merito le riforme, iniziando soprattutto dai capilista bloccati”, mentre Stefano Fassina avverte non solo la legge elettorale va corretta sui capilista bloccati, ma va rivisto anche il decreto attuativo della delega sul lavoro, sui licenziamenti collettivi e sul principio di proporzionalità per i licenziamenti disciplinari, e va corretto il decreto fiscale.