Negli ultimi giorni in particolare nei casi di cronaca abbiamo sentito parlare della trentottenne Elena Ceste, mamma di quattro bambini il cui corpo è stato ritrovato privo di vita pochi giorni fa nellAstigiano. La donna era scomparsa il 24 gennaio scorso, si presumeva che si fosse allontanata da sola, lasciando nella sua abitazione, vestiti, telefono e documenti. A distanza di mesi, dopo il ritrovamento del cadavere anche questa volta nella lista dei sospettati cè proprio luomo che le viveva accanto costantemente: il marito.
Oltre a lei, solo nellultimo anno abbiamo sentito numerosi altri episodi, di violenze ed uccisioni, come la povera Melania Rea trovata senza vita, le quali indagini portarono allarresto del marito, il caporalmaggiore Salvatore Parolisi che nonostante tutte le prove scientifiche riportino a lui e nonostante sia stato condannato a trentanni di reclusione continua ad affermare la propria innocenza. Mentre risale proprio ad oggi 27 ottobre 2014, nella città di Catania, un nuovo caso di femminicidio, un nuovo caso di brutale violenza, una nuova giovane vita stroncata.
La vittima questa volta è una trentenne, Veronica Valenti, colpita ripetutamente al petto con unarma da taglio dallex fidanzato che era ossessionato dal voler tornare con lei. Il ragazzo arrestato confessa agli inquirenti i suoi pensieri prima di incontrare lex partner: Se mi dice di no, la uccido. Le statistiche ricorrenti ci mostrano infatti che a capo di queste violenze la maggior parte delle volte cè proprio un membro del nucleo familiare. Proprio questo è un motivo frequente di non denuncia nei casi di maltrattamenti, perché laggressore si trova proprio nelle mura domestiche: mariti, conviventi, fidanzati o ex partner.
Sempre più spesso i mass-media ci passano attraverso radio, televisione ed internet la frase Donna trovata senza vita; potrebbe essere il titolo di un libro giallo, o di un film thriller, ed invece prende possesso dei titoli dei giornali, delle notizie del Tg, dei programmi che discutono di cronaca ed attualità. Si può definire uno shock stimare che in Italia la seconda, se non la prima causa di morte delle donne è proprio dovuta alla violenza domestica. Tutto questo ha portato alla nascita di molte associazioni ,organizzazioni e cooperative che cercano di prevenire o almeno di tutelare ed aiutare le donne vittime di violenza.
I moventi che molto spesso si riscontrano sono appunto quelli passionali, a causa della possessività delluomo che considera la propria donna come un oggetto da tener stretto. Ma non basta parlare di femminicidio per trattare la violenza sulle donne, non basta parlare solo di omicidio, perché una gran percentuale di donne è vittima di violenza fisica, percosse, maltrattamenti, e violenza psicologica (non meno grave) e ciò che preoccupa ancor di più è che solo una piccola parte denuncia il male subito. Molto spesso tutte queste donne sono accomunate proprio da questo, dalla paura, dalla rabbia, dalla rassegnazione e dalla totale perdita di autostima che luomo impone su di loro. Numeri e statistiche in aumento sono limitativi, possono servire solo ad analizzare un fenomeno, poiché dietro a tutto questo ci sono drammi e vite scippate via.
Ma qual è la pena che spetta a chi compie tutto questo? Queste vite finite o rovinate avranno mai una giustizia? Vediamo uomini arrestati per maltrattamenti e molestie, finire agli arresti domiciliari pochi giorni dopo il fatto, vediamo assassini messi a piede libero pochi mesi dopo il processo; è davvero questo che la nostra giustizia può offrire alle molteplici madri e giovani donne a cui è stato tolto il bene più prezioso, quale la vita? Donne uccise per gelosia, donne uccise perché volevano lasciare, donne uccise perché volevano indipendenza, donne uccise perché donne. È giunto il momento di dire basta a tutto questo.