Amarezza, stupore misto a imbarazzo, forte preoccupazione e delusione. Ma anche rabbia per la tempistica e i modi. Così, raccontano, viene vissuto all’interno di Fratelli d’Italia il caso Fidanza che irrompe nella campagna elettorale del centrodestra a meno di 48 ore dal voto di domenica e lunedì. Nel partito di Giorgia Meloni alcuni parlano di giustizia a orologeria, che fa il paio con il caso Morisi nella Lega e la ‘perizia psichiatrica’ chiesta dai giudici milanesi del processo Ruby ter a carico di Silvio Berlusconi. C’è chi denuncia una “vera e propria aggressione nei confronti di Giorgia proprio adesso che tutti i sondaggi ci danno primo partito della coalizione” e ci vede una ”mossa studiata per sbarrare la strada di Giorgia a palazzo Chigi”. C’è poi chi resta meravigliato dalla “superficialità” dimostrata da quello che viene considerato l’uomo della Meloni in Europa.
Sotto shock per quanto accaduto, una volta scoppiata la grana, proprio oggi che i leader della coalizione provavano a farsi vedere uniti dopo il comizio ‘saltato’ ieri a Milano, siglando una sorta di ‘pax romana’ alla conferenza stampa di Spinaceto, Meloni, apprende l’Adnkronos, sente i suoi e prova a delineare una exit strategy: in attesa di visionare con i legali il girato integrale sul nostro europarlamentare coinvolto nell’inchiesta ‘Lobby nera’, Fidanza ‘congela’ la sua posizione, autosospendendosi da capo delegazione del partito e Bruxelles, e parlo io per tutti. Non a caso, raccontano, l’input arrivato da via della Scrofa ai parlamentari, big e peones, è di mantenere la consegna del silenzio.
Dopo un giro di telefonate e incontri, dopo l’anticipazione dell’Adnkronos, Fidanza conferma la sua autosospensione all’ora di pranzo, respingendo ogni accusa: ”Non c’è e non c’è mai stato in me alcun atteggiamento estremista, razzista o antisemita e non ho mai ricevuto finanziamenti irregolari”. L’ex ministro della Gioventù prende carta e penna e scrive una lettera al direttore di Fanpage che diffonde alla stampa a stretto giro di posta per chiarire che il suo partito ”non è mai stato antisemita e razzista” e per chiedere una ”copia delle intere registrazioni così da poter valutare compiutamente i fatti senza l’intermediazione di un servizio che – per sua natura – è necessariamente parziale e frutto di una sintesi”.
Meloni sottolinea la tempistica dell’inchiesta e spera in un rapido riscontro di quanto chiesto: “Mi auguro che, per la grande rilevanza della questione, anche ma non solo perché scoppiata a ridosso di un’importante tornata elettorale e a 48 ore dal silenzio prescritto dalla legge, Fanpage vorrà dare seguito al più presto alla richiesta”. La leader di Fdi chiude la missiva ribadendo, ”a nome del partito, che nel nostro movimento non c’è alcun spazio per atteggiamenti ambigui sull’antisemitismo e sul razzismo, per il paranazismo da operetta o per rapporti con ambienti dai quali siamo distanti anni luce, né per atteggiamenti opachi sul piano dell’onestà”.
Nel partito c’è chi chiede una presa di posizione durissima contro La7, arrivando addirittura a disertare le trasmissioni della rete, che “quotidianamente si presta a fare da megafono ad attacchi, in ogni trasmissione, contro il centrodestra”. Un accanimento che si sarebbe “acuito a ridosso del voto”. “Addirittura, tra ieri e oggi nelle trasmissioni La7 -rimarcano esponenti di Fdi- si è andati oltre: da una parte, l’attacco al partito; dall’altra, la difesa di un personaggio come Lucano che si è preso una condanna per reati gravissimi, che riguardano la gestione opaca dei soldi da parte dell’ex sindaco di Riace e non certo la narrazione buonistica del salvataggio in mare degli immigrati”.
Il caso Fidanza agita anche l’intera coalizione di centrodestra. Allo stato, gli alleati Lega e Fi scelgono di non sbilanciarsi più di tanto. L’unica azzurra a parlare è il ministro degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, che però non si sbilancia: ”Nel centrodestra non c’è e non ci potrà mai essere spazio per tesi o gesti neofascisti o neonazisti. Noi non possiamo tollerare alcuna forma di ambiguità. Per il resto -precisa- non commento indagini o indiscrezioni giornalistiche perché sono abituata a fare campagna elettorale su idee e programmi”. Matteo Salvini assicura di non aver visto l’inchiesta e di non essere ”un fan di Fanpage”: “Ho letto i titoli, ma non giudico dai titoli, non fatemi giudicare cose che non conosco”.