Nell’ambito della consueta enfasi con la quale il premier Conte annuncia soldi a cascata – come se nascano dal nulla – intervenendo ieri sul dl da 55 mld, in un passaggio ha anticipato la possibilità che di tali sostegni – circa 6,5 mld di euro – potrebbe beneficiarne anche il gruppo Fca in quanto, ha spiegato, “stiamo parlando comunque, al di là della capogruppo, di fabbriche italiane che occupano moltissimi lavoratori italiani“. Poi, ha aggiunto, ”un problema che affronteremo nel dl semplificazione sarà quello della competizione tra ordinamenti. Dobbiamo rendere più attraente il nostro ordinamento giuridico. Dobbiamo chiederci: ‘perché vanno all’estero?‘ Non c’è solo ovviamente un diritto societario più attraente, ci sono anche agevolazioni fiscali, il cosiddetto dumping fiscale. E noi non intendiamo più concedere questo vantaggio. Stiamo lavorando a questo”. Questa la premessa.
In principio, nei ’70, quando Agnelli ‘bussava’ allo Stato
Ora, per chi scrive, che da adolescente ascoltava le invettive e le ‘bestemmie’ dei grandi davanti alle immagini dell’allora Tg, con l’avv. Agnelli che andava ‘puntualmente’ a bussare a soldi al governo, per poi tornarsene a Torino con il gruzzolo, quanto dichiarato da Conte lascia a dir poco perplessi. Un conto era la Fiat, ma la Fca?
Ha sede legale in Olanda e fiscale nel Regno Unito
Per essere chiari quello che oggi è finito sotto il gruppo FCA, a sua volta gestisce due rami differenti: Fca Italy ed Fca US (che annovera anche la Chrysler), ha sede legale nei Paesi Bassi, e quella fiscale nel Regno Unito.
Nello specifico, Fca Italy di suo consta 16 stabilimenti, 26 centri di ricerca e sviluppo, ed ha complessivamente – fra Italia ed Usa – 55mila dipendenti. Ma non solo, in generale il gruppo Fca, nel mondo da vita ad un indotto costituito da ben 5mla società per 200mila dipendenti. Senza contare poi nello specifico anche le altre 120mila persone che gestiscono a loro volta i concessionari ed i vari servizi di assistenza.
L’indotto delle medio-piccole aziende che pesa molto
In effetti, ‘fiutata’ l’aria, già da diversi giorni i principali quotidiani economici internazionali avevano ‘messo in conto’ la possibilità della richiesta da parte di Fca di poter aderire al ‘sostegno’, in virtù dell’appartenenza al maggior comparto automobilistico ‘italiano’. Questo perché, proprio in virtù dell’indotto rappresentato nell’industria in Italia (da Pomigliano al polo della Val di Sangro, tanto per citarne qualcuno), di conseguenza andrebbe a beneficarne in primis l’industria italiana in generale, soprattutto le moltissime medio piccole aziende (come quelle della componentistica), che altrimenti da sole ‘non avrebbero la forza’ per imporsi a livello di garanzie.
E se ora parte la fusione con i francesi (PSA)?
Una questione delicatissima non soltanto dal punto di vista economico ma, per quello che ne deriva, anche ‘politica’. Ovviamente la maggior parte dei politici italiani sostengono che, per ‘esigere’ prestiti, Fca dovrebbe quanto meno riportare la sua sede nel nostro Paese.
Invece, se questo gruppo ha scelto sedi europee come i Paesi Bassi e il Regno Unito è semplicemente perché lì pagano tasse più basse.
Di suo, in effetti Fca Italy paga tasse all’Italia, ma soltanto sulle attività produttive con sede nel nostro Paese ma, come sappiamo, moltissime aziende minori, seppur lavorando per il colosso non figurano.
Ma non è tutto: ad esempio nel Regno Unito Fca paga le tasse sui dividendi, che vengono poi distribuiti agli azionisti (fra quasi figura il ‘potente’ gruppo Exor, di proprietà della famiglia Agnelli).
Ed ancora, non tutti hanno forse presente che, propri a fine anno, Fca ha annunciato l’imminente fusione con PSA (che a sua volta gestisce già Peugeot e Citroën), un ‘affair’ che tira inevitabilmente in ballo anche il governo francese. E chi ci garantisce a questo punto che alcune attività ora dislocate in Italia non vengano poi ‘trasferite’ in Francia?
FCA Italy ha già scritto al Mef e ad Intesa SanPaolo
Fatto è che, mentre Conte accennava ‘all’eventualità’, nelle stesse ore, attraverso una comunicato FCA Italy S.p.A, scriveva che “alla luce delle recenti indiscrezioni di stampa, conferma di avere avviato una procedura con il Governo italiano (il Ministero dell’Economia e Finanze – MEF, e il Ministero dello Sviluppo Economico – MISE) per l’ottenimento di una garanzia da SACE, l’agenzia italiana per il credito all’export (parte del gruppo a partecipazione statale Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.), il tutto secondo quanto previsto dal c.d. Decreto Liquidità recentemente emanato“.
In particolare, spiega ancora la nota, “è stato avviato un dialogo con Intesa Sanpaolo, la maggiore banca italiana, per il perfezionamento di una linea di credito a tre anni, destinata esclusivamente alle attività italiane del Gruppo FCA e al sostegno della filiera dell’automotive in Italia, composta da circa 10.000 piccole e medie imprese, a seguito alla riapertura degli stabilimenti italiani, avviata a fine aprile“.
Fca Italy: “L’automotive rappresenta il 6,2% del Pil”
“In base ad un innovativo meccanismo, applicato inizialmente alla filiera automotive, tutte le erogazioni derivanti dalla linea di credito sarebbero gestite attraverso conti correnti dedicati, accesi con Intesa San Paolo al solo scopo di supportare la gestione operativa dei pagamenti alla filiera italiana dei fornitori, sostenendone i livelli di liquidità e garantendo al contempo la ripartenza delle produzioni e gli investimenti negli impianti italiani”.
E qui si era nel vivo dei ‘fatti’, sentite: “In base alle disposizioni del Decreto Liquidità l’ammontare della linea di credito dovrebbe essere pari al 25% del fatturato consolidato delle società industriali del gruppo FCA in Italia e cioè fino a €6,3 miliardi. L’innovativo accordo riconoscerebbe il ruolo del settore automobilistico nazionale, di cui FCA, insieme ai fornitori e ai partner è il fulcro, nella ripartenza del sistema industriale italiano”. Quindi, prosegue la nota, evidenziando come il tutto sia stato perfettamente ‘studiato’, ”Tale posizionamento sarà rafforzato nei prossimi anni dall’ampio piano di investimenti già presentato e confermato come testimoniano i recenti avvii della produzione dei nuovi modelli Fiat 500 elettrica a Torino e Jeep Renegade e Compass PHEV a Melfi. Nel suo complesso il comparto dell’automotive è un settore chiave dell’industria italiana: e lo è sia per rilevanza che per struttura. Da solo equivale a circa il 6,2% del Pil italiano e da occupazione a circa il 7% dell’intero settore manifatturiero”. Discorso che fa una piega: se ce ne andiamo sono dolori!
Fca Itay: “Seguirebbe un periodo senza precedenti”
Quindi Fca Italy passa poi a ‘magnificare’ il ragguardevole apporto che l’azienda rapprenda per il nostro Paese: ”L’ecosistema automobilistico italiano rappresenta uno dei punti di forza, riconosciuto a livello mondiale, del Paese, oltre a essere uno dei maggiori bacini di know-how specializzato a livello industriale e commerciale in Europa. Questo comparto determina i maggiori investimenti in ricerca e innovazione del Paese, base fondamentale per garantire la futura competitività economica in un epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici”. Dunque, conclude questo lungo comunicato, “La nuova linea di credito, che si inserirebbe nell’ampio programma di FCA per una ripresa in sicurezza delle attività in Italia, farebbe seguito a un periodo senza precedenti, in cui le azioni tempestive messe in atto per mettere al sicuro dipendenti, famiglie e comunità durante l’emergenza da Covid-19, hanno comportato il totale blocco della produzione e delle attività di vendita di FCA in Italia, con un drastico e inevitabile impatto sul breve e medio termine dell’intero ecosistema automobilistico”.
Conte: “La sede in Italia non è un prerequisito”
Per quel che si sa, pacifico il fatto che, a questo punto il tutto abbia avuto inizio già da diversi giorni, allo stato dei fatti il prestito dovrebbe essere ancora in discussione, anche perché dal canto suo SACE non avrebbe ancora approvato le garanzie chieste dal gruppo.
Molto ‘diplomaticamente’ ad una precisa domanda, il premier Conte ha sottolineato che “avere sede legale e fiscale in Italia non è un prerequisito per ottenere le garanzie”, come per dire che nel caso di FCA non verrebbero concessi favoritismi. Di suo il premier si è detto favorevole al ‘sostegno’ (ripetiamo: 6,5 miliardi di euro), perché gran parte delle attività de Gruppo sono in Italia, e dunque ne beneficiano i lavoratori italiani.
Milano Finanza: “Richieste che rappresentano il 4%”
Infine, è interessante riprendere quanto scritto dall’attento quotidiano ‘Milano Finanza’ il quale, proprio sulle richieste alla Sace, scrive: ”va detto che qualora le cose andassero a buon fine per l’intera somma, le richieste del Lingotto rappresenterebbero una percentuale significativa (quasi il 4%) dei 170 miliardi complessivi che potranno essere garantiti alle aziende di dimensioni maggiori con questo strumento previsto dal decreto Liquidità”…
Max