La Fase 2 della guerra contro il Coronavirus in Italia, ormai prossima ad iniziare – dopo le parole del premier Giuseppe Conte in Parlamento – il 4 maggio, sarà basata su di alcuni elementi imprescindibili come la presenza di igienizzanti e mascherine nei posti di lavoro, il doveroso distanziamento sociale tra persone in strada e nei luoghi pubblici (e ovviamente sul posto di lavoro) e limitazioni circa l’uso dei mezzi pubblici.
Non solo: come fatto emergere, l’autocertificazione dovrebbe continuare ad essere obbligatoria.
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I cittadini, dunque, dovrebbero continuare ad essere costretti a compilare e poi esibire il documento per certificare il proprio spostamento. Ma su questo punto emerge un dato, anzi, un problema di fondo, sia strutturale che concettuale.
Tra gli argomenti chiave che mettono in dubbio la legittimità di questa indicazione, relativa al perdurare della autocertificazione, tra i provvedimenti che sono sul tavolo della task force e del Comitato tecnico scientifico, vi è infatti quello che si riferisce alla stessa apertura delle attività e alla estensione degli spostamenti dei cittadini.
In poche parole: se permane l’obbligo di autocertificazione per gli spostamenti, perchè estendere gli spostamenti stessi? Oppure, guardandola dall’altra prospettiva: come legare la rinnovata (seppur limitata) libertà dei cittadini di poter uscire da casa anche senza motivi di necessità e urgenza, anche solo per una passeggiata, con l’obbligo di giustificare quello spostamento con la autocertificazione?
Il governo, al momento, non ha fornito risposte. Ed è possibile che ci siano smussature degli angoli da questo punto di vista. Vi è poi un’altra questione che è sul banco delle indicazioni.
Oltre all’autocertificazione obbligatoria pare che siano previsti dei particolari strumenti di limitazione della circolazione di alcune categorie di persone.
In particolare pare che verranno previsti orari appositi per permettere l’uscita di anziani e giovanissimi, per evitare sovraffollamenti.
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E come se non bastasse, nella Fase 2 di lotta al Coronavirus è attuale una ulteriore indicazione: relativa all’aria condizionata negli uffici.
L’Istituto superiore di sanità ha fatto sapere che in alcuni impianti c’è il rischio di trasmissione del contagio. O meglio, si rischia che le goccioline emesse dai lavoratori vengano spostate più velocemente dall’aria condizionata.
Se quel lavoratore è inconsapevolmente positivo, rischia dunque di contagiare più facilmente gli altri. Ecco perché, tra le varie ipotesi, c’è anche quella di vietare l’aria condizionata negli uffici. Sarà un’estate molto particolare, quindi, anche da quel punto di vista.
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Le riaperture in ogni caso uguali in tutta Italia pur differenziazioni regionali in senso restrittivo e l’obbligo delle mascherine, della distanza di sicurezza estesa a due metri, e la presenza di un medico di riferimento
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