Dolore facciale e mal di testa continui, perdita totale dell’olfatto e del gusto nelle forme più avanzate, ostruzione delle vie respiratorie con difficoltà a respirare, gocciolamento nasale, tosse, udito ovattato. Sono i principali sintomi della rinosinusite cronica con poliposi nasale, patologia infiammatoria cronica e persistente delle cavità nasali. Si tratta di una condizione che colpisce circa il 2-4% della popolazione e che si osserva più di frequente nelle persone con oltre 40 anni di età. Gli uomini sono più colpiti rispetto alle donne. Il 90% dei pazienti soffre di disturbi del sonno che possono sfociare in sentimenti negativi e sindromi depressive.
“Il paziente con rinosinusite cronica con poliposi nasale grave presenta spesso un quadro clinico complesso. Recenti ricerche scientifiche hanno mostrato come la malattia sia spesso scatenata da un’infiammazione di tipo 2: si tratta di una risposta iperattiva del sistema immunitario che può anche essere alla base di altre malattie come l’asma, la dermatite atopica e la rinite allergica, che possono coesistere nello stesso paziente e ne aggravano ulteriormente il quadro”, ha spiegato Gianenrico Senna, presidente della Società italiana di Allergologia e Immunologia clinica (Siaaic) nel suo intervento durante il webinar dal titolo ‘Non sbattere il naso contro la poliposi nasale’, promosso e organizzato da Sanofi. “Oggi possiamo intervenire sull’infiammazione di tipo 2, bloccando la cosiddetta cascata infiammatoria grazie a nuove terapie biologiche target a base di anticorpi monoclonali, che rappresentano una strategia terapeutica che agisce sulle cause profonde della patologia”, ha aggiunto.
All’evento hanno partecipato Simona Barbagaglia, presidente di Respiriamo Insieme Onlus, Mario Bussi, Direttore dell’Unità di Otorinolaringoiatria dell’Irccs San Raffaele di Milano e presidente del Congresso della Società italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-facciale (Sioechcf), Gaetano Paludetti, presidente Società italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgia cervico-facciale e direttore dell’Uoc di Otorinolaringoiatria del Policlinico universitario A. Gemelli Irccs e Università Cattolica, e Michele Barletta, responsabile Area Respiratorio Franchise Immunologia Sanofi.
Comunemente considerata di origine “topica”, ovvero localizzata a livello delle mucose nasali, dove si sviluppano i polipi, la poliposi nasale si configura invece come una patologia ben più complessa. Grazie agli avanzamenti della ricerca -è emerso dall’incontro online – è migliorata la conoscenza della fisiopatologia e dell’immunologia alla base di questa patologia e si è visto come l’80% delle persone che vivono con rinosinusite cronica con poliposi nasale negli Stati Uniti e nell’Unione Europea abbia livelli elevati di biomarcatori dell’infiammazione tipo 2, che si è compreso essere la causa alla base della poliposi nasale.
La terapia standard per la poliposi nasale “comprende farmaci topici locali, cortisonici, lavaggi nasali, antibiotici se necessari, oltre all’intervento chirurgico – ha sottolineato Bussi -. A queste terapie si aggiungono nuovi farmaci biologici. Negli Stati Uniti l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale dupilumab nella cura della poliposi nasale grave è già in atto. Noi siamo un po’ indietro, l’Aifa ne ha accettato la prescrizione e la commercializzazione da soli due mesi e mezzo”.
Studi recenti – è stato riferito durante il media tutorial – hanno dimostrato che dupilumab migliora i sintomi, l’olfatto e la qualità di vita, riduce il volume dei polipi nasali, l’ostruzione nasale, il ricorso all’intervento chirurgico e l’utilizzo del cortisone sistemico. Può essere prescritto dagli specialisti otorinolaringoiatri, allergologi ed immunologi presso centri ospedalieri specializzati e somministrato attraverso iniezioni sottocutanee grazie ad un device sviluppato per consentire l’auto-somministrazione domiciliare da parte del paziente ogni due settimane. “Bene le terapie biologiche – ha concluso Paludetti – ma per capire come e chi trattare con questi nuovi farmaci occorreranno numerosi studi. Sicuramente rappresentano una frontiera molto interessante per la gestione e il trattamento della patologia”.