Facebook, i post rivelano depressioni?

    Che fosse uno svago, una moda, un crescente motore di coinvolgimento sociale (anzi, per essere contemporanei converrebbe dire molto più semplicemente ‘social’), non c’era più il minimo dubbio da quando la loro esplosione e la loro proliferazione ha prodotto un vastissimo e irrinunciabile ormai terreno fertile di continui approdi, accessi ed utilizzi. Ma che i social network e, in particolare, facebook potesse anche essere una sorta di strumento di prevenzione o, quantomeno, di indicazione/segnalazione – come primo sentore, quanto meno – di problematiche esistenziali, accenni di depressione e difficoltà psichiche, ancora non era dato saperlo.
    E invece, a quanto pare, è possibile prevedere o comunque sia trovare delle indicazioni importanti circa possibili problematiche a carattere psicologico e psichico proprio attraverso facebook, attraverso i famigerati post. Sono, o per meglio dire sarebbero le dichiarazioni che il singolo pubblica (posta) sul social più conosciuto al mondo il punto focale, il metro di paragone che darebbe la temperatura dello stato eventuale di disagio o difficoltà psicologica dello stesso. Si potrebbero cogliere segnali e indizi di depressione e questo sarebbe possibile attraverso un particolare algoritmo che metterebbe insieme, analizzandole, le cose che gli utenti scrivono, condividono o postano e permetterebbero al social media di indicare con delle ’bandierine rosse linguistiche’ spia delle prime avvisaglie della malattia addirittura prima di una diagnosi medica ufficiale.
    A rivelarlo è una ricerca dell’Università della Pennsylvania e della Stony Brook University pubblicata su ’Proceedings of the National Academy of Sciences’.

    Una lavoro che nelle stesse ore in cui specialisti vari analizzano proprio questo argomento al Congresso nazionale della Società italiana di psichiatria (Sip), che si sta svolgendo a Torino, mette sotto la lente della valutazione analitica i dati dei social media condivisi nei mesi precedenti a una diagnosi di depressione da un gruppo di persone (1.200) che hanno accettato di condividere i loro dati. Gli studiosi hanno così potuto risalire all’algoritmo che prederebbe anche con una significativa precisione un rischio di depressione in possibile divenire. Gli indicatori della condizione si concentravano su pensieri come solitudine o lacrime e sentimenti” e l’uso di più pronomi in prima persona come io e me.
    I ricercatori esaminano 524.292 aggiornamenti di Facebook postati negli anni da chi ha poi avuto una diagnosi di depressione. Hanno così ricreato 200 modelli detti ’marcatori linguistici associati alla depressione’ o ’bandierine rosse linguistiche’. Essa può analizzare il frasario usato e, in corrispondenza di ’spie’, valutare se quel soggetto già presenta la condizione di rischio.

    “Quello che le persone scrivono sui social media coglie un aspetto della vita che è molto difficile da analizzare con gli strumenti della medicina e della ricerca”, ha chiarito H. Andrew Schwartz, autore principale del World Well-Being Project (Wwbp) – È una dimensione relativamente inutilizzata in Psichiatria rispetto ai marcatori biofisici della malattia; per esempio, quando si presentato i sintomi della depressione, dell’ansia e del disturbo post-traumatico da stress, si trovano più segnali nel mondo dei social dove le persone si esprimono più liberamente”.
    Dunque, facebook e i suoi post assumono un significato ed un valore sociale che, in quanto tale, alcuni non solo hanno costantemente messo alla berlina, negandolo: ma anche sotto la lente dell’accusa per – come risolto della medaglia – quel valore anti-sociale del social stesso che, per via della virtualità, allontanerebbe i soggetti dalla realtà. Ma nell’era della condivisione, anche il disagio psichico può essere ‘postato’. E, forse, preso per tempo.