In Italia sono circa 3 milioni le persone che vivono con la psoriasi, una malattia cronica che ha tipicamente un andamento ciclico, fatto di miglioramenti e peggioramenti. “Una patologia di cui il paziente fino a poco tempo fa non si liberava mai – afferma Gabriella Fabbrocini, professore di Malattie cutanee e veneree all’università degli Studi di Napoli Federico II – Oggi, invece, le terapie a base di farmaci biologici e biosimilari consentono di avere una qualità della cute completamente pulita dalla malattia; una riduzione, se non la scomparsa, della sintomatologia dolorosa a carico delle articolazioni, per quanto riguarda le persone con artrite psoriasica (circa il 15-20% degli psoriasici), ed è facilmente intuibile quanto questo si ripercuota positivamente anche sulla qualità della vita dei pazienti”.
Pazienti altrimenti costretti a fare i conti con chiazze, macule distribuite su tutto il corpo oppure localizzate in alcuni parti difficili da trattare (cuoio capelluto, unghie, palmo delle mani e dei piede), e che in alcuni casi si associano a manifestazioni a carico delle articolazioni delle mani (dito a manicotto), dolore improvviso al ginocchio, al polso o alla caviglia, che nel tempo possono estendersi a gruppi di articolazioni.
“Queste terapie sono efficaci in maniera costante e a lungo periodo – ancora Fabbrocini – Lo dimostrano trial clinici, studi a 4 anni di osservazione. E poi ci sono i dati sulla sicurezza: le molecole che usiamo oggi hanno avventi avversi che rientrano nella media degli avventi avversi che avremmo con qualsiasi farmaco e forse addirittura inferiori alle terapie tradizionali”. Le nuove terapie utilizzate oggi per tenere sotto controllo la malattia psoriasica in tutte le sue manifestazioni sono state al centro del 30esimo Congresso dell’Accademia europea di dermatologia e venereologia (Eadv), in programma dal 29 settembre al 2 ottobre in modalità virtuale a causa delle norme anti-Covid.
L’ultimo Congresso Eadv, secondo Fabbrocini, ha fatto emergere “tanti dati a favore delle terapie innovative che possono cambiare la vita dei pazienti psoriasici. Tra queste troviamo la molecola risankizumab che colpisce l’interleuchina 23 e che ha dimostrato nei trial clinici la sua notevole efficacia nella malattia psoriasica sia nella forma moderata e severa che coinvolge solo la cute, sia nella forma che interessa le articolazioni. I trial clinici hanno comprovato che si può raggiungere una efficacia quasi pari al 90% a 52 settimane, e tale efficacia viene mantenuta anche in un tempo più lungo di osservazione. Chiaramente i trial clinici devono trovare un riscontro nella pratica clinica e nella real life”.
“Sulla base della nostra esperienza, quindi sui dati che abbiamo ottenuto sui pazienti in trattamento alla Federico II – riferisce la dermatologa – possiamo dire che effettivamente la molecola ha dimostrato di essere molto efficace già dalla seconda somministrazione, sia sulle manifestazioni cutanee sia sui sintomi, primo fra tutti il prurito, ma anche sulla sintomatologia articolare e dolorosa. A fronte di questo ha dimostrato anche dei livelli elevati di sicurezza, come hanno avvalorato gli studi presentati in occasione dell’Eadv. Inoltre, la molecola risankizumab ha una modalità di somministrazione comodissima, una volta ogni 12 settimane”.