(Adnkronos) – Vertice sull’Ex Ilva di Taranto oggi 9 novembre 2023 a Palazzo Chigi tra governo e sindacati. Nel corso del confronto, fa sapere Palazzo Chigi in una nota, i sindacati “sono stati aggiornati sul tema relativo alla sicurezza sul lavoro, questione ritenuta essenziale dall’Esecutivo e sulla quale è stato comunicato che l’azienda Arcelor Mittal è stata diffidata dal mettere in cassa integrazione i lavoratori che si occupano di manutenzione”.
Alla riunione di carattere tecnico-operativo hanno preso parte per l’Esecutivo i Capi di Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri competenti (Lavoro e Politiche sociali, Imprese e Made in Italy e Affari europei, Politiche di coesione, Sud e Pnrr). Per le associazioni sindacali hanno partecipato i rappresentanti di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil, Usb e Ugl metalmeccanici.
Un tavolo di confronto che sarà “stabile e permanente” e che, si legge in una nota dell’esecutivo, si è svolto “in un clima franco ed è stato l’occasione per aggiornare i sindacati sugli avanzamenti che il Governo sta portando avanti per affrontare le complesse questioni che caratterizzano da decenni l’impianto siderurgico di Taranto”. “Un confronto importante – sottolinea Palazzo Chigi – che rientra nell’ambito della strategia nazionale in cui l’acciaio italiano torna a essere protagonista e che mira a mettere nero su bianco le urgenze e gli impegni che devono essere assunti da tutte le parti”.
Da parte propria il Governo, “sottolineando chiaramente l’intenzione di continuare a fare la propria parte, ha ribadito gli impegni assunti che prevedono l’assoluta esclusione di ipotesi di chiusura o liquidazione dello stabilimento nonché della sospensione dell’attività” e ha garantito che “l’obiettivo resta quello del raggiungimento nel tempo di determinati livelli di produzione”, viene spiegato da Palazzo Chigi.
Per quanto riguarda la Cig “è stato ricordato che nel Disegno di legge di Bilancio è stata inserita una norma che può essere rimodulata a seconda dei livelli produttivi su cui l’azienda si è impegnata, con l’obiettivo prioritario di mantenere la tutela dei lavoratori”, si legge nella nota.
“Oltre alle garanzie sulla sicurezza degli stabilimenti”, prosegue la Presidenza del Consiglio, “sono stati forniti anche aggiornamenti sulla positiva definizione della procedura d’infrazione in atto, sulle interlocuzioni con la Commissione europea nell’ambito della revisione del Pnrr legata al capitolo RePowerEu e sulla verifica del concreto impegno del socio privato al rilancio dell’impianto”. “Ogni necessario approfondimento sui temi di carattere industriale è stato rimandato a dopo il 23 novembre quando è stata convocata l’Assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia”, fa sapere inoltre Palazzo Chigi.
Una “trattativa disastrosa”, “un incontro andato male anche rispetto alle minime aspettative” con “risposte preoccupanti che lasciano l’amaro in bocca”. Così i leader di Fiom Fim e Uilm, Michele De Palma, Roberto Benaglia e Rocco Palombella commentano l’esito del nuovo incontro a palazzo Chigi sulla vertenza dell’ex Gruppo Ilva e annunciano “8 ore di scioperda proclamare entro il 23 novembre”, data della convocazione dell’Assemblea Adi a cui il governo affida le sorti del futuro del Gruppo siderurgico.
Trattativa ‘disastrosa’ per la Fiom. “ArcelorMittal non può tenere i lavoratori, l’indotto e Ilva in As e lo stesso governo in ostaggio”, denuncia il leader Michele De Palma che non nutre nessuna aspettativa dall’esito dell’assemblea del 23 novembre prossimo alla quale il governo ha rinviato di fatto l’intera partita ex Ilva. “Si rischia, in quell’occasione, di assistere ad un film già visto: non avremo risposte né sul piano industriale, né su quello occupazionale tanto meno su quello ambientale ma si continuerà a parlare solo di cassa integrazione che ad oggi è l’unica cosa che Arcelor Mittal sta sollecitando”, spiega. E ribadisce la richiesta del sindacato: “Noi vogliamo aprire una trattativa vera che ad oggi non c’è. Chiediamo una presa di posizione da parte del governo che deve decidere se sta con i lavoratori o sta con una multinazionale che ad oggi non ha garantito la produzione, ha fatto solo cassa integrazione e ha messo a rischio la siderurgia, l’ambiente e la sicurezza dei lavoratori”, elenca prima di denunciare l’altra emergenza, quella sulla sicurezza sul lavoro.
Anche per la Fim l’incontro di oggi non ha sciolto gli interrogativi “sulla situazione di crisi che sta vivendo l’ex gruppo Ilva” nonostante la rassicurazione arrivata dal governo sul fatto che non ci sarà “nè fallimento, ne’ spegnimento del gruppo siderurgico”, spiega il segretario generale delle tute blu della Cisl, Roberto Benaglia. E se l’esecutivo ha anche garantito i sindacati sull’impegno ad una maggiore sicurezza degli impianti, resta non chiaro, “dove sta andando una trattativa con il socio privato per il piano di rilancio. Il 23 c’è un’assemblea che è chiamata a fare una prima ricapitalizzazione ma noi vogliamo discutere invece dei 5 miliardi che servono per rilanciare l’intero gruppo”, spiega definendo “sbagliato, inedito, ingiusto e insostenibile che lo Stato, come riportano i giornali di oggi, metta 2,3 miliardi rinegoziando con l’Europa la possibilità di spostare le risorse europee dei vari progetti per la decarbonizzazione di Taranto, e il socio privato non ci metta niente”.
Un accordo, aggiunge Benaglia, “che sarebbe molto pericoloso”. E siccome l’esecutivo non “ha dato correzioni di rotta, allo stato c’è una trattativa insufficiente”, conclude premettendo che i sindacati “sono disposti a discutere seriamente con tutti i privati che il governo dovesse volere, ma a patto che ci siano dei piani seri. Oggi invece siamo assolutamente fermi”.
“È stato un incontro che è andato male anche rispetto alle minime aspettative nonostante non ne avessimo di elevate. Ma è andato malissimo perché abbiamo ricevuto delle risposte che sono talmente preoccupanti che ovviamente ci hanno lasciato con l’amaro in bocca. Il governo infatti subordina tutte le strategie per salvare le acciaierie di Stato ad una riunione dell’assemblea dei soci, il 23 novembre. Da quello che succederà in quella data si potrà capire se il socio privato continuerà a rimanere o non rimanere nel nostro paese”, commenta amareggiato il leader Uilm, Rocco Palombella uscendo dall’incontro e annunciando la prossima proclamazione dello sciopero di 8 ore per tutto il gruppo da tenersi entro il 23 novembre prossimo.
E spiega: “In quell’occasione si chiederà una ricapitalizzazione della società la cui somma si dovrebbe aggirare intorno ai 380 milioni e si capirà se il socio privato sarà disponibile ad investire ancora in Italia o meno. Quindi, tutta la storia legata al memorandum, ad un accordo segreto a tre…non c’è più nulla, è solo carta straccia”. Sarà infatti, ribadisce, solo nel corso dell’assemblea che il governo potrà “verificare l’orientamento del socio”.
Una dilazione nei tempi, questa, per la Uilm inaccettabile: “e noi dobbiamo aspettare il 23 per sapere su cosa si basa, su quale piano inbdustriale e su quali investimenti si dovrà basare questa eventuale ricapitalizzazione che dovrà essere sostenuta in parte anche dallo Stato?”.
Sciopero dell’intero gruppo inevitabile anche per l’Uglm. “Dobbiamo e possiamo solo registrare il rinvio dei problemi al 23 novembre prossimo, quando si riunirà l’assemblea dei soci”, dice il segretario nazionale Antonio Spera, al termine dell’incontro. “Nulla ci è stato comunicato sul cambio di governance, sul piano di investimenti e, neanche, sulle indiscrezioni, trapelate attraverso i media, di un possibile accordo tra Mittal e governo in vista di un’iniezione di capitale economico con l’obiettivo, da parte del governo, di trovare, ancora una volta, una partnership con un socio privato”, aggiunge.
“Nell’incontro di oggi, invece, è mancata la concretezza, in un contesto quanto mai instabile e pericoloso che rischia seriamente di compromettere la salvaguardia della fabbrica, degli impianti e dei posti di lavoro”, conclude.