(Adnkronos) – Il referendum ‘eutanasia legale’ non corrisponde nella sua denominazione a ciò che effettivamente è cioè “omicidio del consenziente”. “Non c’è pertinenza tra l’oggetto indicato dai promotori del referendum ed il titolo, come rilevato anche dalla Cassazione”. Ne parla con l’Adnkronos il vicepresidente del Centro Studi Livatino e magistrato di Corte di Cassazione, Alfredo Mantovano, che spiega: “L’eutanasia chiama in causa una condizione di malattia o grave disagio psico fisico della persona, quello che invece rileva questo referendum è esclusivamente il consenso del diretto interessato, che potrebbe essere anche una persona in ottima salute che abbia chiesto o acconsentito a che altri gli tolgano la vita. Non c’è altra indicazione”.
Secondo il Magistrato, “il referendum apre ad introdurre nell’ordinamento il principio della assoluta disponibilità della vita umana. Ovvero la possibilità di togliere la vita a una persona sulla base della disponibilità della vittima e dell’espressione del suo consenso; riguarda esclusivamente questo. Così accadrà che se una donna subisce mutilazioni al proprio corpo ed ha dato il suo consenso non si elimina la responsabilità di chi la mutila; se invece viene uccisa dopo aver il suo consenso – riscontra – il fatto sarà ‘legale’. Fatto ancora più grave – aggiunge –
è che al consenso all’uccisione non è richiesta la presenza di una patologia o di una età avanzata. Ma solo la volontà di morire. Infatti la Corte costituzionale intervenne due anni fa su un altro articolo del Codice penale, che era quello riguardante l’aiuto al suicidio….. Ma stiamo parlando di cose che si muovono su piani totalmente differenti”.
L’auspiscio sostenuto dal Comitato per il no al referendum con redazione di una memoria depositata in Corte costituzionale è dunque “che la Corte valuti la gravità di questo quesito in sé e per lo squilibrio che ingenera sul sistema della tutela della persona”. Teme che un orientamento della Consulta, dopo il tweet del presidente Amato? “Attendo le decisioni della Corte – risponde – e penso che il confronto debba avvenire sulle sentenze e le ordinanze non su dichiarazioni, per quanto autorevolissime, del suo Presidente”.
(di Roberta Lanzara)