E’ partita oggi la raccolta firme per il Referendum sull’Eutanasia Legale (500.000 firme entro il 30 settembre) con le storie di chi, insieme all’Associazione Luca Coscioni, chiede la libertà di scelta sulla propria vita. Tavoli subito a Milano (angolo tra Corso Garibaldi e via Statuto) e Roma (Largo Argentina). Entro il 30 giugno in tutta Italia. In generale sarà possibile da qui alle prossime settimane aderire alla campagna anche presso avvocati e notai registrati: “il loro ruolo è infatti fondamentale nell’ambito della raccolta firme perché hanno la facoltà di autenticarle, insieme a cancellieri, parlamentari, sindaci, assessori, consiglieri comunali, consiglieri regionali e dipendenti comunali”, spiega l’Associazione Luca Coscioni che questa mattina ha presentato la campagna referendaria presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.
Nel corso dell’incontro è stato trasmesso il video messaggio di Daniela, 37 anni, pugliese, affetta da una grave forma di tumore al pancreas, che avrebbe voluto poter scegliere di porre fine alle sue sofferenze, ma non ha fatto in tempo ad andare in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito.
Daniela voleva essere “libera di morire nel migliore dei modi” accanto ai suoi cari. Aveva contattato l’Associazione Luca Coscioni e a febbraio aveva chiesto alla Asl di Roma, dove viveva, e al relativo Comitato Etico, la verifica e l’attestazione delle condizioni necessarie per poter ricorrere – in applicazione della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale – al suicidio assistito. La risposta negativa fece impugnare a Daniela il diniego ricevuto e, grazie alla difesa coordinata dall’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, ricorre d’urgenza al Tribunale di Roma per ottenere le verifiche previste dalla sentenza Cappato. L’udienza viene fissata per il 22 giugno.
Considerata l’urgenza del caso viene chiesto di anticipare la decisione ma nessuno ha mai risposto. Daniela è morta il 5 giugno. La visita di verifica della sua condizione da parte dell’Asl di Foggia era programmata per il 7 giugno, 2 giorni dopo.
“E’ inaccettabile che chi è nelle condizioni di Daniela sia costretta a un simile calvario. I malati non possono aspettare i tempi della burocrazia”, hanno commentato Filomena Gallo e Marco Cappato, segretario e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. “E’ sempre più evidente quanto sia urgente una legge per poter garantire la possibilità di scegliere se porre fine alle proprie sofferenze insopportabili. Di fronte al silenzio del Parlamento che continua a rimandare la riforma necessaria, il Referendum a questo punto è l’unica possibilità per rendere l’eutanasia legale in Italia – sottolineano – Per questo oggi iniziamo la raccolta firme che entro il 30 settembre ci deve portare in Corte di Cassazione con 500mila firme autenticate e certificate. Ci appelliamo alla cittadinanza a partecipare direttamente e a comunicarci la disponibilità a partecipare come volontari o autenticatori a questa grande battaglia di civiltà sul sito https://referendum.eutanasialegale.it/”.
Tra le altre persone malate assistite dall’Associazione Luca Coscioni, c’è Mario (nome di fantasia) che si era visto negare da Asl e Tribunale la possibilità di accedere all’iter previsto dalla Sentenza 2422019 della Corte Costituzionale per poter ricorrere al suicidio assistito. E’ notizia di queste ore che, con una nuova ordinanza storica (la prima del genere in Italia) il Tribunale di Ancona ha ribaltato la decisione del giudice precedente, imponendo alla Asl di verificare le condizioni del paziente per accedere al suicidio assistito, attuando di fatto la sentenza Cappato.
Il Referendum per l’Eutanasia Legale è stato depositato su iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni lo scorso 20 aprile in Corte di Cassazione.
Il testo prevede una parziale abrogazione dell’art. 579 del codice penale (‘omicidio del consenziente’), che impedisce la realizzazione di ciò che comunemente si intende per ‘eutanasia attiva’ (sul modello olandese o belga). In caso di approvazione, si passerebbe dal modello dell’’indisponibilità della vita’, sancito dal codice penale del fascismo nel 1930, al principio della ‘disponibilità della vita’ e dell’autodeterminazione individuale, già introdotto dalla Costituzione, ma che deve essere tradotto in pratica anche per persone che non siano dipendenti da trattamenti di sostegno vitale (per i quali è invece intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza Cappato – Antoniani).